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Il doping arbitrale imperversa fra finti pentiti

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Come se tutto risultasse trasparente quando loro procedevano allineati, per negare gli scandali che ancora tormentano quanti pretenderebbero campionati non deformati sopra e sotto. Come se proprio Bergamo e Pairetto avessero sancito la decadenza irreversibile, fra spretati che improvvisamente reclamano una drastica bonifica dove venga pure prevista l'autonomia economica dell'Aia. Ma sono sollecitazioni surreali verso questo professionismo moribondo, dopo troppe stagioni di politica calcistica imposta dai club più potenti senza paventare castighi irreparabili. Che ora devastano quasi ogni azienda sportiva e rendono impossibile la nascita d'un progetto federale dentro cui arruolare arbitri davvero liberi. Chi garantirebbe circa ventottomila euro mensili ai trentasette fischietti di A e B? Chi corrisponderebbe i cinquecentomila euro annuali dei designatori? E quali santi pagatori delizierebbero settantasei assistenti, in parte sospettati d'andare oltre lo specifico ruolo? Agganciati alle stremate gestioni di Carraro e Galliani, i nostri giudici palesano spesso sudditanze lampanti, forse involontarie, forse addirittura scusabili causa la conflittualità degli interessi rappresentati. Basterebbe non esagerare. Basterebbe non spedire nel decentramento dei cadetti gli internazionali Collina, Paparesta e Farina, scempio di risorse qualitative (già scarse) sopportato durante l'ultima giornata. Così Bergamo e Pairetto, strana coppia d'un football da commissariare non solo per doping finanziario, toccano il fondo. E la lista dei reprobi impuniti diventa interminabile: Tombolini, Dondarini, Rosetti, Babini, Bertini, De Santis, Rodomonti, Palanca, Gemignani, Puglisi, tanto per citare quelli che gareggiano meglio piazzati nell'hit parade stagionale dello sproposito. Presidente Carraro, lei ascolta? Gli errori a go-go stanno offendendo ovunque i regolamenti e rischiano addirittura di falsare una splendida lotta-scudetto, nella fase cruciale. Qui s'è superata la decenza, con le tre reti consecutive annullate alla Roma e l'esplusione di Ganz al posto del colpevole Franceschini. Urge provvedere. Urge riconoscere che Franco Sensi non aveva torto nel denunciare storiche nefandezze, ora aggravate dalla mediocrità preoccupante dei contemporanei direttori di gara. Forza, tentiamo di restituire almeno agli spettacoli di vertice una meritata credibilità, senza ripetere la solita favola degli sbagli che alla fine si compensano. Ecco, la riabilitazione potrebbe partire da Juve-Milan, nonostante i guai di Lippi mescolati alla parsimonia penalizzante della famiglia Agnelli. Comunque tutti i romanisti proveranno a vagheggiare, domenica sera, un Diavolo sgambettato sotto la direzione illuminata di Collina. Giusto lui sa troncare i sospetti, prima delle tappe conclusive che andrebbe assegnate sempre ai tre arbitri migliori. Poi, applaudiremo i vincitori senza dubbi lancinanti.

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