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dall'inviato FABRIZIO MARCHETTI MILANO — Una colazione galeotta, lì, nel cuore di ...

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In via Montenapoleone, esclusivo angolo della Milano bene, proprio lui, Moratti, ha rotto gli indugi. In un bar-pasticceria, il plenipotenziario nerazzurro avrebbe incontrato Roberto Mancini, simbolo designato della riscossa post-Cuper. L'Inter che non vince riparte dall'ex genio blucerchiato, nocchìero d'una squadra bella, capace di esprimere quell'idea che da sempre manca nel verde della Pinetina. La storia la raccontano proprio così, almeno le cronache milanesi. Più o meno surreali. Sì, perché sul fatto che Mancini abbia visto il presidente, subito dopo, arrivano solo smentite. Dirette, argomentate e implicite, poco importa. Il tecnico ha camminato magari sotto la sede della Saras di Moratti, in via San Pietro all'Orto, ma per casualità. La Lazio, nell'accezione di società, fa spalluce e punta forte sul buon senso del proprio tecnico. «Conosco Roberto, non ho dubbi sul suo operato: non credo sia così ingenuo da farsi trovare in una situazione del genere», esclama Baraldi, che incarna l'essenza del nuovo corso insieme a Longo e Pessi. Lui, l'oggetto del desiderio, non gioca a nascondino, anzi replica deciso. «Ero a Milano per affari personali. Ho fatto colazione in un bar ma da solo, questa storia è assurda, mi ha fatto vivere un incubo: dovessi andare a vedere ancora la Samp cosa si direbbe allora? Ieri sera ho rinunciato ad andare a Marassi per non alimentare altre polemiche». Mancini respinge le accuse, gli Irriducibili chiedono di ovattare l'ambiente e di pensare solo al quarto posto, come più volte sottolineato dal «condottiero Mancio», «cercando di non parlare di riunioni carbonare e della lunga sequenza di illazioni che gravitano intorno al mondo Lazio». Insomma si fa scudo, ma poi la verità è nel mezzo, nel senso che Moratti lo vuole davvero, Mancini. Cuper l'ha deluso, dovesse fallire anche l'obiettivo Champions, chiuderebbe insomma, prima del tempo (da contratto 2005) la sua esperienza milanese. Contatti ce ne sono stati: tentativi d'approccio, annusamenti, poco più, anche perché l'ex genio blucerchiato è nei pensieri del presidente nerazzurro ma, dovesse sistemarsi la situazione in casa-Lazio, sarebbe pronto anche a rinnovare il contratto fino al 2008. Venti giorni fa anche il Milan aveva bussato alla porta di Mancini: un semplice sondaggio, testimonianza d'un interesse crescente nei confronti del tecnico dell'anno. Che non ha rinnegato il patto d'onore con l'ambiente, nonostante le risposte evasive, o forse solo sincere, rilasciate nei giorni scorsi. «Ho un contratto con la Lazio ma il futuro non lo conosciamo». Già, due verità in una: l'Inter, come interesse, c'è sul serio e poi quella complessa situazione societaria, biancoceleste, gli turba davvero i pensieri relativi al domani professionale. L'attuale management, che vuole fortissimamente ripartire da Mancini, ha spostato il comitato strategico a venerdì: si attendono notizie positive sullaa conversione degli stipendi in azioni. Anche perché, pur non volendo urtare la tranquillità della squadra, i tempi non concedono ulteriori ghirigori. Oggi forse arriveranno le firme di Simeone e Castroman: ci sarà anche un contatto col Valencia che chiede Oddo per sistemare la pendenza—Mendieta. E sempre oggi nuovo atto, importante, dell'ambizioso processo d'osmosi stilato da Roberto Pessi con la Polisportiva. E poi il futuro che è legato all'aumento di capitale. Una reazione a catena: 110 milioni di speranze e un nuovo acquirente. Per garantire il rilancio della Lazio e blindare Roberto Mancini. Nonostante Moratti.

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