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Rai, attacchi al rinnovato Tg1. Ma i risultati sono da record

Luigi Crespi
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Il Tg1 delle ore 13.30 di domenica scorsa (e non quello più prestigioso delle 20) ha fatto bene ad aprire il telegiornale con Amadeus e Sanremo? A vedere gli straordinari risultati di share (30%) di spettatori (4milioni e 300mila) e di confronto con il diretto concorrente del Tg5 di Mediaset dell’ora di pranzo (10 punti in meno di share, un milione e seicentomila spettatori di differenza) si direbbe di sì. Tutti dicono di sì. Eppure c’è chi non la vede, e la pensa, così: il principe dei critici televisivi, Aldo Grasso, giornalista del Corriere della Sera, si fa la domanda e si dà la risposta: tra le guerre a Gaza e in Ucraina, era proprio necessario aprire il Tg1 con Sanremo? Grasso ci mette pure altre ghiotte notizie, dal sultano alla Cop 28 all’Argentina allo sfascio col nuovo leader Milei, e poi i sovranisti che alzano il capo grazie a Salvini. «Di notizie importanti con cui aprire il tg più seguito d’Italia ce ne sarebbero tante ma il direttore Gian Marco Chiocci ha deciso di aprire con la presenza di Amadeus in studio, in abito da sera. Ci tocca anche trattare il fenomeno della Sanremizzazione del tg1».

 

 

Per curiosità sono andato a vedere il sito del Corriere della sera di domenica subito dopo il tg delle 13.30 e di notizie di guerre in apertura non ne ho trovate, Sanremo era il terzo titolo subito dopo il generale Vannacci (sulla Stampa era il secondo titolo, sul Messaggero il primo titolo, per dirne alcuni), segno che forse la gente ha apprezzato quella scelta. Chiedersi se il Tg1 abbia abdicato al ruolo di servizio pubblico quando Sanremo è da sempre un pezzo importante della storia di questo Paese, sinceramente sfugge. Come sfugge perché Grasso non abbia vergato le stesse righe quando l’anno scorso la precedente direttrice Monica Maggioni fece lo stesso, e lo fece decisamente peggio perché in apertura di Tg, nella messa in onda in diretta, furono combinati pasticci e autogol imbarazzanti anche per il sempre pacioso Amadeus. Noi non critichiamo il Corriere della Sera se dedica due pagine a Totti per parlar male della moglie Ilary oppure – come ha fatto ieri mattina – in prima pagina, nella foto principale, piazza il faccione in lacrime di Belen per i tradimenti del suo ex. Ognuno intercetta i propri lettori come vuole. Ci permettiamo sommessamente di criticare un certo modo di ragionare per partito preso: perché al neo direttore Chiocci si possono muovere tutte le critiche che vogliamo ma non si può far finta di non sapere che abbia tentato, per la prima volta nella storia della Rai, di interrompere quella messa cantata che ha portato negli anni scorsi il Tg1 a una crisi di ascolti interrotta solo dal Covid (eravamo tutti prigionieri in casa a guardare il tg) e dalla guerra in Ucraina, che come ho già scritto mesi fa ha drogato i dati reali sullo share.

 

 

Checché se ne dica sulla "tv meloniana", al Tg1 la politica non è quasi più la prima notizia del giornale, la cronaca prende il sopravvento, gli scoop (mai avvenuti prima) sono all’ordine del giorno, le guerre vengono raccontate dagli inviati sul campo – scampati due volte alle bombe - con angolature sempre diverse. Ha rimesso lo sport in fondo al sommario, la cultura è trattata in modo più fruibile, c’è più spazio alla cosiddetta "società". Eppoi le "provocazioni" che hanno fatto il giro del mondo, con le foto degli ostaggi dei kibbutz spiattellati sui leadwall dietro il conduttore o con le immagini di tutte le donne stuprate e uccise in Italia, diventate virali sui social e sui giornali. In meno di sei mesi, ’sto povero cristo di Chiocci – neofita di tv ed esterno Rai con una carriera di giornalista d’inchiesta alle spalle - ha rivoluzionato il Tg1, ha fatto partire pure i social Tg1 (che incredibilmente mancavano) e – come dimenticarlo è riuscito pure nell’impresa di intervistare un Papa per la prima volta nella storia del telegiornale dell’Ammiraglia. Sei mesi, tutto questo in sei mesi. Ecco perché insieme a Grasso quando si parla di televisione ci piacerebbe vedere sempre l’insieme e non il dettaglio. Chiocci non sarà Enrico Mentana ma ridurre il tutto alla sanremizzazione del tg e alla delusione per non vedere ancora eliminati i "pastoni" della politica come promesso dal Direttore (Grasso sa bene quanto la politica conti in Rai) sembra un tantino pretestuoso. Ma giusto un tantino.

 

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