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"Ci hanno rappresentato come mafiosi". La furia dei Gucci contro il film. Arriva la causa?

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"House of Gucci" non è piaciuto agli eredi della più nota famiglia italiana della moda. Proprio per niente. «Un film diffamatorio che si discosta totalmente dalla realtà». Così Patrizia Gucci - pronipote di Guccio, il fondatore della maison - commenta all’AGI «House of Gucci», l’ultimo, chiacchierato film di Ridley Scott in uscita oggi al cinema, incentrato sulla storia d’amore tra Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani, conclusasi in tragedia con la morte del primo per mano di un sicario assoldato dalla donna (poi condannata a 26 anni di carcere e tornata libera nel 2016 per buona condotta dopo averne scontati 18) quando la coppia aveva già divorziato.

La pellicola con Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Al Pacino e Jeremy Irons che si ripropone di raccontare la «vera storia» della famiglia è invece «ricca di fantasiose coloriture». E Patrizia Gucci, che ha lavorato 12 anni nell’azienda e conosce a fondo la verità dei fatti, non esita a definire questa storia in pellicola «brutta, al di fuori della realtà, stereotipata all’americana».

Nessuno dei personaggi del film rappresenta lontanamente la realtà «a partire dalla protagonista, Patrizia Reggiani. Lei - spiega Patrizia Gucci - sembra una manipolatrice, onnipresente che decide tutto ma, in verità, questa frequentazione con la mia famiglia non c’è mai stata». Ma anche il ruolo che il regista ha fatto interpretare ad Al Pacino non ha nulla a che fare con il vero Aldo, il presidente dell’azienda per trenta anni. «Sembra quasi che abbiano voluto dare alla mia famiglia un taglio mafioso quando attribuiscono ad Aldo espressioni del tipo "siamo una famiglia", "siamo uniti", "la famiglia deve restare unita"», sottolinea la donna.

Ma la figura più «tartassata è senza dubbbio quella di mio padre Paolo (il figlio di Aldo, ndr). Nel film viene fatto passare per un demente, una caricatura molto offensiva».

Gli eredi di Aldo Gucci, dopo aver visto il trailer del film in una nota congiunta si erano già detti amareggiati, spiegando che «la produzione non si è curata di interpellarli ed ha descritto i componenti della famiglia come teppisti, ignoranti e insensibili al mondo che li circondava, attribuendo ai protagonisti delle note vicende toni e atteggiamenti che mai sono loro appartenuti».

Pazzia, glamour e avidità sono gli ingredienti usati dal regista per realizzare «l’ultima satira all’italiana» anche se sul grande schermo ha voluto portare il nome di un’indiscussa icona del Made in Italy, Gucci. «Aldo e mio padre erano dei geniacci che hanno segnato la storia della moda italiana e, come ho raccontato anche nel mio libro ( Gucci. La vera storia di una dinastia di successo - edito da Piemme) - erano due grandi lavoratori, appassionati, geniali. Caparbi, determinati, orgogliosi. Due che hanno dedicato l’anima all’azienda nei 70 anni in cui è appartenuta alla famiglia».

Nel libro, Patrizia Gucci, rievoca in prima persona la vera storia della famiglia che ha dato vita a uno dei marchi italiani più noti al mondo, sinonimo di intramontabile classe. «Negli anni 50-60-70 Gucci era tra le famiglie più eleganti del mondo. Mio padre - dice Patrizia - è stato per più di 20 anni direttore artistico dell’azienda, era una fucina di idee: orologi, scarpe, foulard. Fu lui - racconta con orgoglio - ad inventare i mocassini senza lacci» i famosissimi e imitatissimi "175".

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