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Roma, il degrado tocca pure la Camera: erbacce davanti a Montecitorio

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Sigismondo Valente
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La vista dopo qualche anno si abitua allo scempio delle transenne che cingono Montecitorio e Palazzo Chigi per questioni di sicurezza. E ce ne si fa una ragione. Ogni tanto, però, l’ente o l’istituzione che ha il potere di spostare e modificare la barriera metallica dovrebbe inviare qualcuno a dare una pulita e a tagliare le erbacce che sono miracolosamente spuntate tra i sampietrini della piazza, tra un vaso e l’altro, proprio lungo la linea delle transenne. Un "emiciclo" che sembra una proiezione più esterna di quello "stellato" fissato sul selciato nel 1998 ma che, invece di brillare, stona. Le erbacce sono di un verde intenso e alte. In alcuni casi superano abbondantemente il mezzo metro. Nonostante la prima vera settimana di gran caldo appena trascorsa, le piogge che hanno preceduto l’inizio della stagione afosa hanno messo il turbo alla crescita delle specie infestanti.

 

 

Basta guardare la foto per rendersi conto che la parola "degrado" può essere utilizzata senza remore, senza aver timore di esagerare. Certo, se paragonati alla situazione di alcuni marciapiedi della Capitale, dove le persone sono costrette a camminare tra muri di erbacce diventate ormai alberi, gli scatti potrebbero perdere "notiziabilità", per così dire. Ma non è così, perché stiamo parlando di piazza di Monte Citorio. Siamo ad appena venti metri dall’ingresso della Camera dei Deputati e a una settantina da quello del palazzo del Governo. Ci si aspetterebbe un po’ più di cura, se non altro per il fatto che le immagini della piazza vengono quotidianamente trasmesse in mondovisione da decine di canali televisivi durante gli "stand-up" dei giornalisti.

 

 

Ma del resto, a Roma, siamo abituati al peggio. Non bisogna certo passeggiare in periferia per ritrovarsi alla mercé di ortiche e insetti. Perfino i più fotografati monumenti nel mondo, come l’Anfiteatro Flavio, si accompagnano all’abbandono. Se si è in piazza del Colosseo basta voltare l’obiettivo verso largo Agnesi o via Salvi per perdersi nel verde profondo di una giungla urbana dove non c’è legge e dove si aggrovigliano le liane di troppe competenze.

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