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L'Antico Caffè Greco combatte contro lo sfratto: "Un bene storico da tutelare"

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L'Antico Caffè Greco continua a combattere contro la procedura di sfratto. Lo storico locale di via Condotti annuncia di aver sottoscritto una Convenzione con la Società Dante Alighieri, un'istituzione culturale italiana che ha lo scopo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo con oltre 400 sedi in tutti i continenti. "L’evento - si legge nella nota - testimonia la peculiarità e l’originalità del Caffè Greco, tra i più antichi d’Italia (forse il più antico) la cui nascita è certamente anteriore al 1760, anno in cui ne è certificata l'esistenza nei registri censuari della Parrocchia di San Lorenzo in Lucina". 

"Salotto e storia intelletuale di Roma in trecentocinquanta metri quadrati - si ricorda poi - è l’Antico Caffè Greco di via Condotti, che un levantino di nome Nicola della Maddalena fondò nel 1760 divenne, nell'800, ritrovo di artisti, poeti notabili e goliardi. Una girandola di scrittori, sovrani, prelati, donne sapienti, gigolò, giornalisti, avventurieri e politici. La mente di Roma vive qui da duecentosessant’anni. Nella celeberrima saletta “omnibus”, passarono Liszt, Bizet, Wagner, Goethe, Casanova, Stendhal e persino Buffalo Bill. Gogol scrisse qui un romanzo; a Passini e Guttuso ispirò un quadro. È un monumento della Capitale, dove hanno fatto sosta tutti i grandi pensatori, artisti, letterati e patrioti, corroborati dallo scambio d’idee e dalla bevanda orientale e dove pulsò anche il cuore Risorgimentale. E se un cardinale siede al Greco? La leggenda vuole che diventi papa. Accadde a Gioacchino Pecci, divenuto Leone XIII". 

 

"Nel 1806 - sottolineano ancora i gestori del locale - il prezzo del caffè aumentò notevolmente a causa del blocco continentale imposto da Napoleone. Gli altri caffettieri di Roma tentarono di mantenere costante il prezzo delle tazze di caffè, mischiando alla preziosa polvere farine di ceci, di soia o di castagne o cicoria. Al Caffè Greco invece si continuò ad usare sempre e solo puro caffè. Il prezzo raddoppiò e la tazza diventò più piccola (quella che viene usata ancora oggi), ma l’aroma inconfondibile del vero caffè decretò il successo definitivo del locale". 

Ma intanto va avanti la procedura per lo sfratto avviata dall'Ospedale Israelitico. "Una battaglia in corso ormai da diversi anni, che vede il Ministero finalmente intervenuto con una decisa presa di posizione nello scongiurare lo sfratto. Si creerebbe infatti una situazione di stallo, che porterebbe alla distruzione del Bene Culturale Caffè Greco, tutelato da ben 4 Decreti Ministeriali".

"Scorrendo gli Atti Processuali - spiega la nota - vediamo che la Corte d'Appello ha confermato, a chiare lettere, l’inscindibilità del  complesso denominato “Caffè Greco”, composto da immobile, mobili e licenza di esercizio, così come individuato nel D.M. del 1953. Tale complesso costituisce il bene culturale “Caffè Greco” tutelato nella  sua interezza e inscindibilità da ben 4 Decreti del Ministero, a partire da quello sopracitato del 1953 fino ai più recenti. Per gli effetti del Codice dei Beni Culturali, risulta pertanto inibita qualsiasi modifica sia alla consistenza muraria, sia agli arredi e all'apparato  decorativo, sia all'attività ivi svolta, che non potrebbe configurarsi altro che rimozione e demolizione del bene culturale".
 
"In tale contesto - si legge ancora - è fin troppo chiaro che l’esecuzione dello sfratto, pur confermato dalla Corte d’Appello, e adesso esaminato in Cassazione, dove sono state anche sollevate più questioni di illegittimità Costituzionale, andrebbe inevitabilmente a violare l’unitarietà così descritta. Il che si traduce in una impossibilità, quantomeno parziale, di esecuzione dello sfratto. Il vincolo opera infatti incidendo sulla destinazione d’uso, impendendo al locatore di destinare l’immobile ad altro uso, al conduttore di asportare o rimuovere i beni mobili e gli arredi in esso contenuti e, in ogni caso, a entrambi di mutare la destinazione dell’esercizio nel suo insieme. Come peraltro affermato espressamente anche dalla recente sentenza del TAR,  il vincolo Ministeriale, oltre che i beni (locali e arredi), comprende anche la licenza di esercizio, rendendo immodificabile la destinazione commerciale limitando la possibilità di destinazione dell’immobile, che dovrà essere compatibile con l’attività commerciale svolta".

 

"Come evidente, dunque, l’esecuzione dello sfratto, possibile solo nei limiti sopra tracciati, porterebbe a una paralisi delle reciproche pretese, che non potrebbe avere altro sbocco che quello del blocco dei locali (che non potrebbero essere affittati) e della chiusura dell’attività (che non potrebbe  essere esercitata), finché le parti non trovino un nuovo accordo economico  sul prezzo della locazione. È quindi evidente - conclude la nota - la necessità di un accordo equo che dovrebbe essere patrocinato dal sindaco di Roma e dalla Regione Lazio, che ha l'obbligo preciso di individuare accordi fra le parti, in base alla Legge Regionale 12-2016, purtroppo disattesa, che così recita all'Articolo 14, comma 3:"La Regione promuove e favorisce altresì la stipula di accordi tra i comuni, i titolari delle attività e i proprietari degli immobili interessati, al fine di favorire il riequilibrio dei canoni di locazione".

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