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Il pronto soccorso del Sant'Eugenio è una vergogna. Ecco le foto choc

Antonio Sbraga
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«Pronto soccorso da incubo al Sant’Eugenio», denuncia il sindacato infermieristico Nursing-Up con un foto-dossier inviato all’Asl Roma 2, diffidata «a intervenire per la risoluzione celere e totale delle gravissime criticità evidenziate». A cominciare dalla situazione ordinaria nel Covid-1, l’area del Ps riservata ai contagiati, arrivata anche a triplicare il numero massimo dei pazienti previsti, come quantifica la responsabile regionale Nursing Up Lazio, Laura Rita Santoro: «Sì, nella sala si arriva a contenere, molto spesso, dai 17 ai 22 pazienti, tra i quali coloro che necessitano di interventi rianimatori o che richiedono ventilazione non invasiva- spiega la sindacalista - Si fa presente che tale sala è predisposta per 8 pazienti, con relative colonnine con monitor e raccordi per ossigeno-aspirazione. Pertanto, i pazienti in esubero, vengono monitorizzati con l’ausilio di defibrillatori invece che con i monitor multiparametrici. Mentre, per l’ossigeno terapia, vengono utilizzate bombole di ossigeno: sono state richieste 40 bombole singole più 2 stazioni mobili».

 

Tant’è che la foto che documenta la situazione della «Sala Covid 1» sembra quella di un casermone in tempo di guerra, con letti attaccati a distanze talmente minime da invidiare gli ospedali da campo. «In questa situazione, e con il numero elevato di pazienti presenti in sala - rincara la dose Santoro - non viene garantito né il distanziamento tra pazienti, né la sicurezza dell’operatore durante le varie manovre di routine, né lo spazio necessario durante le manovre rianimatorie». E, nella diffida inviata all’azienda sanitaria cui fa capo l’ospedale dell’Eur, il Nursing Up sottolinea che «la sala Covid 1 non rispetta le norme di sicurezza (stanza a pressione negativa, un idoneo sistema di areazione) dove i pazienti Covid positivi devono essere isolati da altri pazienti sospetti. Non c’è un sistema di areazione per malattie infettive. Pertanto, l’unico sistema di areazione è tenere le finestre aperte».

«Il Tempo» ha chiesto informazioni all’Asl Roma 2, che però, almeno per ora, preferisce non replicare al sindacato. Ma nel cahier de doleance del Nursing Up si lamenta anche che «nella sala Covid2 non viene garantito il distanziamento sociale, poiché spesso da 8 postazioni si è arrivati a ospitarne oltre il doppio. Si fa presente che i pazienti presenti in tale sala usufruiscono dei servizi igienici, posti lungo il corridoio al di fuori della stanza». Ma proprio la lunga striscia del corridoio, che parte dalla zona Triage e conduce fino alla Radiologia, sembra un imbuto zeppo di barelle: le foto scattate dal sindacato ricordano quei corridoi sovraffollati dei treni dei pendolari. Si vede un medico che tenta di visitare un paziente sulla lettiga tra l’infermiera con le spalle al muro e un separé a fare da spartitraffico da un’altra fila di barelle e un paziente su una sedia a rotelle. A finire di congestionare il corridoio anche un operatore socio-sanitario in tuta bianca che si trascina, nell’unico pertugio libero, il cartone chiuso con i rifiuti speciali. «E proprio lì i pazienti Covid-19 che devono eseguire esami strumentali presso il Dea Radiologia devono passare: il corridoio è comune, dove afferiscono pazienti altri pazienti non Covid», rimarca Laura Rita Santoro. La quale ricorda all’Asl Roma 2 che «anche nella stanza Covid 3 non c’è un sistema di areazione per malattie infettive e, pertanto, l’unico sistema di areazione è tenere le finestre aperte». Difficile, soprattutto ora con il clima più rigido, da mantenere per una stanza nella quale «molto spesso il numero dei pazienti arriva anche a 40, per cui resta difficile garantire un’assistenza adeguata a tutti i pazienti presenti nonché allo smaltimento dei pazienti in attesa di visita in Triage».
 

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