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Mondo di mezzo, la Finanza confisca il tesoro di Buzzi e Carminati

Andrea Ossino
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Circa 70 opere realizzate da importanti esponenti della scena artistica nella seconda metà del XX secolo. E poi 4 società, 13 immobili, un terreno e 13 veicoli. Parte del tesoro del “Mondo di Mezzo” è adesso nelle mani dello Stato e vale circa 27 milioni di euro.

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno infatti confiscato definitivamente i beni riconducibili, direttamente o indirettamente, a Massimo Carminati, Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Salvatore Buzzi, Agostino Gaglianone, Fabio Gaudenzi, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo. La confisca ai danni degli imputati del processo un tempo conosciuto come Mafia Capitale rappresenta l’epilogo delle indagini patrimoniali svolte nei confronti degli indagati e dei loro “prestanome”. Era stata la Direzione Nazionale Antimafia ad affidare le indagini agli specialisti del G.I.C.O. E i finanzieri hanno ricostruito il “curriculum criminale” degli indagati accertando la sussistenza dei requisiti di “pericolosità sociale” e la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati nel tempo.

A Massimo Carminati è stata confiscata tra l’altro la villa di Sacrofano. Aveva anche numerose opere d’arte per un valore stimato di oltre 10 milioni di euro. Un’altra villa, nella stessa località, è stata affidata in comodato d’uso gratuito, per vent’anni, all’A.S.L. Roma 4 per la realizzazione di una importante struttura sociosanitaria per aiutare le famiglie di pazienti con autismo. Nei confronti del ras delle coop Salvatore Buzzi la misura patrimoniale ha ad oggetto due immobili a Roma nonché le quote e il patrimonio di due società per un valore stimato di oltre 2,6 milioni di euro. Indipendentemente dall’esito del giudizio penale, la confisca di beni è stata disposta anche a carico del “braccio destro” di Carminati, Riccardo Brugia e dell’altro sodale Fabio Gaudenzi, nonché degli imprenditori Roberto Lacopo, Agostino Gaglianone, Cristiano Guarnera e Giovanni De Carlo.

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