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La moglie della vittima: "Per me era come un figlio. Non capisco perché l'ha fatto"

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«Giovanni per me era come un figlio, ho accolto amorevolmente lui e gli altri tre amici tutti calabresi con i quali era venuto a vivere dietro a casa nostra. Erano sempre da me e Fabio, stavano con i nostri figli. Facevo per loro le ciambelle e ora Giovanni ha detto ai carabinieri di aver ammazzato mio marito. Così, a sangue freddo. Ma per me stava fuori, era spaventato. Non era drogato, ma aveva gli occhi rossissimi ed era terrorizzato per qualcosa». A parlare all’Adnkronos è Monica, la moglie di Fabio Catapano, il 48enne disoccupato (prima della crisi per il Coronavirus noleggiava auto) ucciso davanti al cancello del comprensorio in via Sparanise dove viveva anche il suo presunto assassino.

 

 

 

Il vicino, Giovanni Nesci, 22 anni, è stato arrestato dai Carabinieri per omicidio volontario, mentre in caserma è ascoltato come persona informata dei fatti anche uno dei suoi coinquilini, con i quali viveva in una casa occupata. «Non ho sentito nemmeno i colpi, sono uscita dieci minuti dopo quando il corpo di mio marito era già stato visto dal vicino - continua la donna, sorretta da una delle figlie quasi maggiorenne - Fabio era seduto, tutto contorto, appoggiato al muro di cinta. Lo hanno chiamato, hanno aspettato che uscisse quasi in strada e gli hanno sparato per ucciderlo. Quando l’ho visto era già morto, era giallo ma non perdeva sangue. Così l’ho scosso e ho visto i tre fori sul petto e una pallottola ancora incastrata sulla spalla, dietro alla schiena».

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