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Roma, notificato il decreto di sgombero a CasaPound

Andrea Ossino
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Per Matteo Salvini “è solo uno delle centinaia di stabili occupati a Roma, peraltro non uno di quelli pericolanti”. Secondo il sindaco Virginia Raggi invece lo sgombero del palazzo occupato al civico 8 di via Napoleone III “è una priorità”. E mentre il dibattito politico cresce intorno allo stabile divenuto la sede di Casapound, la giustizia continua a fare il suo corso: ieri l’atteso decreto di sequestro preventivo è stato notificato alle persone che abitano il palazzo occupato nel dicembre del 2003. Le richieste della Procura di Roma sono state accolte, ma solo in riferimento al reato di occupazione abusiva. Infatti ai 16 indagati (tra cui spiccano i nomi dei leader del movimento Gianluca Iannone, Simone e Davide Di Stefano ) gli inquirenti contestano anche l’accusa di aver promosso un’associazione che incita “alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi”.

Ma questa circostanza al momento non è stata riscontrata dal giudice che ha firmato il decreto. Secondo il magistrato infatti “il materiale probatorio acquisito in atti non è sufficiente per poter affermare la sussistenza del fumus criminis relativo all’articolo 604 bis del codice penale" . Per sostenere l’accusa il sostituto procuratore Eugenio Albamonte (che potrebbe anche finire sotto scorta dopo le minacce e gli insulti ricevuti sui social) ha ricostruito numerose vicende avvenute in tutta Italia. Fatti che il giudice definisce “biasimevoli, configuranti i delitti di rissa, lesioni, rapina, ingiurie ,minacce, furto e violenza privata”. Tuttavia dalle “informative relative alle suddette vicende acquisita in atti – si legge nel decreto - non emergono elementi probatori sufficienti a ricostruire compiutamente i singoli episodi, le modalità della condotta, le modalità di identificazione dei soggetti coinvolti e le modalità di attribuzione agli stessi della qualità di militanti di Casapound”.

In altre parole non ci sono prove sufficienti per accusare il movimento di discriminazione. Un’affermazione destinata ad alimentare il dibattito politico, considerando che la stessa indagine è nata da un esposto dell’Anpi, oltre che dalla denuncia depositata dal Demanio (proprietario dell’immobile poi concesso al Miur).

Polemiche a parte la sostanza non cambia: Casapound dovrà lasciare l’immobile che nel 2003 aveva occupato rivendicando “il diritto all’abitazione degli italiani ‘lavoratori, studenti, madri e padri, tutti precari’”. Secondo gip infatti se da un lato “non risultano evidenze di situazioni contingenti che possano integrare un attuale pericolo di un danno grave alla persona”, dall’altro “la situazione economico patrimoniale degli occupanti l’immobile (…) attesta lo svolgimento di attività lavorativa e la percezione di redditi da parte degli stessi”. E soprattutto non sgomberare il palazzo permetterebbe di proseguire “l’attività criminosa” determinando un ulteriore danno all’Erario, già quantificato dalla Corte dei Conti in circa 4,3 milioni di euro.

Adesso dunque lo stabile passa nella disponibilità del Tribunale, ma per un eventuale sgombero la decisione spetterà al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza.

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