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Il pm chiede 18 anni per i carabinieri Di Bernardo e D'Alessandro accusati di omicidio preterintenzionale

"Tedesco va assolto perché non partecipò al pestaggio". Sollecitati 8 anni per i falsi del maresciallo Mandolini

Valeria Di Corrado
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"Il caso Cucchi è semplicissimo, anche se lo hanno voluto complicare. Per dire che non c'è nesso di causalità tra il pestaggio subito da Stefano e la sua morte, bisognerebbe sostenere che se la sera del 15 ottobre 2009 non fosse uscito di casa - restando a casa a guardare la tv con il padre - sarebbe deceduto lo stesso". Per questo il pm Giovanni Musarò ha concluso la sua requisitoria nell'aula bunker di Rebibbia chiedendo la condanna a 18 anni di carcere per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro con l'accusa di omicidio preterintenzionale e l'assoluzione di Francesco Tedesco dallo stesso reato "per non aver commesso il fatto", ossia per non aver partecipato al pestaggio. Tedesco, infatti, secondo alcuni testimoni (che hanno riferito le dichiarazioni "de relato" di Cucchi) avrebbe bloccato i suoi due colleghi mentre picchiavano il ragazzo. In merito al reato di falso nel verbale d'arresto, il sostituto procuratore Musarò ha chiesto la condanna del maresciallo Roberto Mandolini (all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia) a 8 anni di reclusione e di Tedesco a 3 anni e 6 mesi. "Il depistaggio, pianificato nei minimi dettagli da Mandolini e portato avanti fino all'ultimo momento, è arrivato al punto di indurre dieci anni fa l'allora Ministro della Giustizia a dichiarare il falso davanti al Parlamento", ha precisato il pm. "Non abbiamo chiesto pene massime ed esemplari, ma le pene giuste rispetto a quello che ha subito Stefano Cucchi". La pubblica accusa ha chiesto anche il "non doversi procedere" per intervenuta prescrizione del reato di calunnia commesso ai danni dei tre agenti di polizia penitenziaria imputati nel primo processo e poi assolti. La calunnia era contestata inizialmente a Tedesco, Mandolini e al quinto militare imputato, Vincenzo Nicolardi. "Questo processo ci riavvicina allo Stato. Riavvicina i cittadini e lo Stato. Io non avrei mai creduto di trovarmi in un'aula di giustizia e respirare un'aria così diversa. Sembra qualcosa di così tanto scontato eppure non è così. Se ci fossero magistrati come il dottor Musarò - ha commentato a margine dell'udienza Ilaria Cucchi - non ci sarebbe bisogno di cosiddetti eroi o della sorella della vittima che sacrifica dieci anni della sua vita per portare avanti sulle sue spalle quella che è diventata la battaglia della vita".

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