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Ascesa e delino di due boss dell'azzardo

Ostia, sparatoria con due morti in via Forni (Foto Gmt)

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Gioco d'azzardo, droga, usura, estorsione. È fitto il curriculum legato a Giovanni Galleoni (detto Baficchio) e Francesco Antonini (er Sorcanera), 40 e 45 anni, ieri vittime di un agguato mortale a Nuova Ostia, zona ponente della cittadina sul mare. In zona erano chiamati boss, soggetti noti per i loro traffici, per la loro determinazione e soprattutto per essere entrati e usciti da un'inchiesta sulla mafia sul litorale, condotta dalla polizia, coordinata dalla procura di Roma e conclusa il 4 novembre 2004 con l'arresto di diciotto persone.   All'epoca si era riparlato della Magliana, non tanto per la rinascita di un sodalizio che avesse lo stesso controllo del territorio e delle attività illegali. Ma per il cognome del cadavere trovato il 18 ottobre 2002 nella sua Bmw parcheggiata in via Grenet: Paolo Frau, 43 anni, ucciso con tre colpi di pistola in faccia, ex affiliato della banda della Magliana. L'esecuzione aveva fatto accendere i riflettori di inquirenti e investigatori sulle trame della criminalità sulla costa romana. Arrivando a scoprire uno scenario di malaffari più esteso e complesso del previsto, gestito da un'organizzazione che si riteneva capeggiata da Roberto Pergola, Luciano Crialesi ed Emidio Salomone (ammazzato ad Acilia nel giugno di due anni fa), all'interno della quale Galleoni e Antonini erano considerati uomini di punta. Non solo. Al castello accusatorio, oltre ai fondamentali sospetti la Procura aveva aggiunto anche l'ipotesi di una allenza tra il presunto sodalizio e altri clan presenti sul litorale, come Senese e Triassi, ovvero camorra napoletana e mafia siciliana, senza tralasciare la figura di Carmine Fasciani, anche lui sul litorale, in passato anche lui legato alla banda della Magliana. Il quadro finale era a tinte fosche. Gestione dei videopoker forniti con una rendita mensile di centinaia e centinaia di milioni delle vecchie lire. Un volume d'affari - sostenevano gli inquirenti - che giustificava azioni violente. L'infiltrazione della banda infatti era stata favorita anche dal silenzio delle vittime costrette ad accettare senza potersi opporre alle famose «macchinette». Chi si rifiutava veniva terrorizzato: tentati omicidi e attentati dinamitardi. E ancora. La gestione dei chioschi sulle spiagge fruttava introiti di almeno 500 milioni delle vecchie lire all'anno. Era stato sequestrato il parcheggio esterno del porto di Ostia, di pertinenza della società titolare del porto che lo aveva dato in concessione gratuita alla cooperativa Marta, costituita da alcuni uomini dell'associazione. In un anno entravano nelle tasche dei malviventi circa 500 mila euro. Il 14 maggio 2010 il colpo di scena. I giudici del Tribunale hanno smorzato le accuse assolvendo gli imputati dall'accusa di aver dato vita a una associazione a delinquere di stampo mafioso. Compresi Francesco Antonini e Giovanni Galleoni, condannati però a 9 anni per la detenzione di due pistole e un episodio di usura.

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