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Stop ai centri commerciali e referendum sui grattacieli

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

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Le Mura Aureliane del Terzo millennio saranno circondate dal verde e l'accesso alla Capitale individuato con opere architettoniche simbolo delle antiche porte cittadine. È questa l'immagine che lascia il sindaco Alemanno alla conclusione della due giorni di workshop internazionale sull'Urbanistica, dal quale trarre le linee guida per disegnare lo sviluppo della Capitale. Un successo inaspettato che ha contato più di 4 mila persone che hanno assistito all'Auditorium ai dibattiti delle dieci «archistar». Dopo la giornata di approfondimento sui nuovi equilibri da trovare tra i valori della città storica e le esigenze della metropoli, ieri si è parlato di periferie. Le linee tracciate per la città oltre la storia, guardano a una grande metropoli dotata di servizi e infrastruttre e soprattutto di quelle centralità che faranno di ogni quadrante una piccola città. Il primo punto, fissato all'unanimità è quello dell'Agro Romano che non solo non verrà toccato ma andrà tutelato sempre di più. Occore colmare quelli che il sindaco definisce i «non luoghi», ovvero le aree dismesse che sono fonte di degrado. È lì che occorre agire. Ancora, si chiude con la stagione dei centri commerciali, «ci siamo impegnati a bloccare la costruzione di nuovi centri commerciali - ha ricordato Alemanno - e il nostro obiettivo nei cambi di destinazione d'uso è quello di azzerare le cubature previste. I Parchi tematici, invece, sono un'altra cosa - precisa - hanno una vocazione turistica». Stop ai centri commerciali dunque e un nuovo approccio allo sviluppo di Roma. Si parla di piazze «non di rotatorie», assicura il sindaco per dare vita ai tanti quartieri ancora dormitori e si parla di una nuova forma di partecipazione all'architettura della città che partirà già nei prossimi giorni con la messa on line degli atti del convegno aperti attraverso un blog ai commenti dei cittadini. Ma non solo. «Stiamo pensando di indire dei referendum popolari in primavera su quattro o cinque temi di particolare importanza per capire cos'hanno nel cuore e nella testa i romani - ha annunciato il primo cittadino - Sicuramente saranno loro a decidere se vogliono vedere nel futuro della città palazzi più alti della cupola di San Pietro». La consultazione sarà vincolante e deciderà la presenza di forme architettoniche come i grattacieli che però, nelle intenzioni del sindaco, saranno deputati a funzioni direzionali. Al di là del futuro però occorre prima pensare al presente. Il richiamo alla concretezza viene dall'assessore capitolino ai Lavori pubblici e alle Periferie, Fabrizio Ghera. «Non firmiamo cambiali in bianco alle Archistar - ha ammonito l'assessore davanti ai dieci big dell'architettura - ognuno deve fare il suo mestiere: gli architetti devono progettare, ma l'amministrazione pubblica deve limitare i costi della realizzazione delle opere e rispettare i tempi, cosa che in passato non è avvenuta. Roma ha carenze infrastrutturali - spiega Ghera fotografando le attuali periferie - mancano 50 mila lampioni per l'illuminazione pubblica e servono 150 milioni per illuminare le zone che ancora non lo sono adeguatamente. Occorre poi intervenire sull'edilizia scolastica e sulle fognature. Servono quindi più risorse per portare le urbanizzazioni in periferia». Il messaggio è chiaro. A ribadirlo tuttavia il deputato Pdl, Fabio Rampelli, architetto curiosamente assente alla kermesse. «Il workshop sulle trasformazioni urbane e le periferie è stato davvero geniale, occorre darne atto al sindaco Alemanno, a Ghera e a Maria Cristina Accame che lo hanno costruito con certosina pazienza», ha commentato in una nota Rampelli, l'unico a ricordare e sollecitare l'avvio della demolizione e ricostruzione di Corviale. «È stato un grande dibattito aperto - ha poi aggiunto - anche se la mia opinione è che non possano esistere progettisti buoni per tutte le stagioni. Ascoltare Fuksas è stato giusto, consentirgli di mettere le mani su Roma, dopo i danni fatti e i soldi bruciati a centinaia di milioni, no. Ora c'è bisogno di una nuova generazione di professionisti, di concorsi internazionali, di una grande fase creativa e formativa, come quella del novecento italiano».

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