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Amnesty vuole i rom nella discarica

Casilino 900

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{{IMG_SX}}L'occhio del cronista, soprattutto di chi guarda attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica, non mente. Amnesty International, che con ottimismo vogliamo credere lontana ideologicamente da logiche politiche ed elettorali, ha preso una grossa cantonata. Le foto che Il Tempo ha deciso oggi di pubblicare sono state scattate all'indomani dello sgombero del Casilino 900. I cronisti romani che hanno visitato questo campo, o altri campi della Capitale, hanno mostrato fegato. Ce ne vuole non solo per scivolare in quel fango di escrementi, topi e animali morti, ma ne serve soprattutto per dire, come Amnesty ha detto, che l'azione portata avanti da questa Amministrazione finisce per aumentare la discriminazione. «Invece di offrire ai rom l'accesso a un alloggio adeguato - dice Amnesty - le autorità li stanno trasferendo in campi sempre più lontani». Campi dove però troveranno condizioni di vita migliori. E come dare torto ad Amnesty quando pretende alloggi popolari per i nomadi. Magari ce ne fossero sia per quei nomadi cittadini romani, sia per quei romani che ogni giorno aspettano e sperano di entrare in una graduatoria. Alemanno ha avuto il coraggio di mettere in piedi un Piano nomadi che potrà pure suonare discriminatorio nel nome, ma almeno mette mano a un problema talmente grande, talmente politico, talmente sociale, con una percentuale di fallimento talmente alta, che ha frenato Veltroni al punto di ritenere che fosse meglio rimandare. La riposta decisa del prefetto di Roma Pecoraro alle critiche di Amnesty, dimostra che qualcuno, lungo il Tevere, si sta impegnando veramente e non ci sta a digerire frasi buttate là. Era forse meglio lasciare quelle persone nel fango, in quell'orrore che gli occhi degli ispettori di Amnesty International, tra le baracche e i mucchi d'immondizia, non hanno potuto o voluto vedere? In quell'inferno, in quelle condizioni, sono vissute per anni centinaia di famiglie. Sono nati 15 mila bambini, l'ultimo ribattezzato «Casilino», che ha visto la luce proprio quando cadeva l'ultima baracca, tra gli applausi dei suoi genitori, il 19 gennaio scorso. Con i topi sono cresciute bande di ragazzini che abbiamo poi visto in strada, in centro, a chiedere l'elemosina, a lavare parabrezza. Cara Amnesty, quelle immagini, se veramente non hai potuto vederle, te le facciamo vedere noi. Ecco le foto della vergogna. Roulotte sgangherate senz'acqua, luce e gas, attaccate con i tubi alle fontanelle. Ecco lo spettacolo di degrado che ha asfissiato la bocca e i nasi dei residenti delle palazzine di viale Palmiro Togliatti. Quelle persone, dall'alto dei loro balconi affacciati sul Parco di Centocelle, hanno raccontato ogni giorno, per anni, la vita all'interno del Casilino '900. Hanno denunciato con fiumi di e-mail le attività illecite, gli abusi che vi si consumavano. Hanno tossito, descrivendo i fumi tossici sprigionati dai falò in cui i nomadi arrostivano come wurstel i cavi di rame rubati alle ferrovie. Cuocere, spellare e buttare trasformando un parco pubblico in una discarica off-limits. Chi ha visto lo ha denunciato ai giornali, tra cui Il Tempo, che ha dato loro voce. È andata avanti per anni, senza che nessuno facesse niente. Oggi qualcuno ha dato un taglio ad una situazione insopportabile, dando il via a un provvedimento che garantisce inclusione e condizioni di vita più dignitose per chi rispetta le regole. È questa la discriminazione? Trasferire 800 persone in quattro campi attrezzati e regolari sono «violazioni del diritto internazionale dei diritti umani»? Il sindaco, gli uomini della Municipale, della polizia e dei carabinieri arrivati al Casilino '900 con ruspe, bus e camionette, sono stati applauditi dalla comunità nomade. È questo uno sgombero forzato? Il Campo era al collasso. Se ne era accorto anche il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa. Thomas Hammarberg fece una bella ramanzina alla Città sulle condizioni igienico-sanitarie della baraccopoli non sapendo nemmeno che nel piano di delocalizzazione il Casilino '900 era in cima alla lista degli insediamenti da sgomberare. Altro che deportazioni, il piano nomadi ha liberato quella povera gente. Nessuno è così ingenuo da credere che la chiusura del Casilino '900 sia la risposta al "problema" nomadi. È il primo passo verso l'integrazione, verso un futuro più dignitoso. È il segno che rom, sinti, e gli altri non sono solo fantasmi che ci attraversano la strada. La sfida del Comune è solo all'inizio. E sarà vinta solo se il prossimo primo cittadino non si tirerà indietro quando sarà il momento di ricevere da Alemanno questo prezioso testimone.

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