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L'ultimo giorno di Maria Cristina

Maria Cristina, la liceale romana precipitata dal sesto piano di un albergo a Londra

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L'unico mistero di questa storia è il dolore. Dopo un lungo colloquio con l'insegnante che è stata più vicina a Maria Cristina in gita a Londra, ecco il racconto dell'ultima notte e dell'ultimo giorno di una ragazza di 18 anni che va bene a scuola, crede in Dio, è educata e di carattere schivo. Ha una buona rete di amicizie e ama Matteo. Il 10 febbraio torna a scuola, reduce da un impegnativo intervento alla colonna vertebrale. Il male da estirpare non è maligno. La vita può ricominciare, Maria Cristina è felice di partire. I medici prima, e i genitori dopo, danno il permesso. La mamma e il papà acconsentono a che possa restare sola in albergo nel caso dovesse provare stanchezza. Deve assumere antibiotici e antinfiammatori e questi sono gli unici farmaci che tiene in valigia. Martedì 16 febbraio si parte all'alba. È la notte fra mercoledì e giovedì 18. Maria Cristina ha 37 di febbre e mal di gola, le compagne di stanza, le sue amiche più care, chiamano la professoressa. All'improvviso Maria Cristina le chiede: «Lei crede in Dio? Mio padre parla con Dio, lei ci crede che mio padre ha parlato con Dio?». La professoressa le risponde che tutti possono parlare con Dio. La ragazza le confida: «Mio padre mi ha detto pure che i figli non appartengono ai genitori ma a Dio. È vero, risponde la professoressa, se ci crediamo, sappiamo che Dio può decidere su di noi». Maria Cristina appare rasserenata e chiede di chiamare altri due amici. Che arrivano e restano a parlare con lei. Al mattino, l'insegnante telefona alla madre di Maria Cristina che la tranquilizza: per mia figlia, per noi, è normale rivolgersi a Dio. Gli alunni si ritrovano nella hall per andare al Covent Garden. Poi il gruppo si riunisce per la pausa pranzo, prossima tappa il British museum. Una ragazza avvisa la professoressa. Maria Cristina sta in disparte e piange lacrime sileziose. L'insegnante la raggiunge e le chiede se è la prima volta che si allontana da casa. Maria Cristina annuisce. La professoressa le dice che è normale provare un po' di nostaglia, capita a tutti anche a chi viaggia da tanto tempo. Le amiche, premurose una volta di più, suggeriscono: «Forse ha nostalgia di Matteo». L'insegnante invita Cristina a chiamarlo: «So che ti ama tanto», e lei: «Anch'io lo amo tanto». Cristina telefona a Matteo. Le torna il sorriso, è pronta per uscire e fare shopping, torna in albergo. La cena è fissata alle 19,45. L'insegnante è nel corridoio al primo piano, le amiche chiedono di nuovo il suo intervento: Maria Cristina ha i brividi. La febbre è a 37,4. La professoressa la tranquillizza, chiama la madre, riferisce di vedere Cristina un po' ansiosa e le suggerisce di chiedere alla dottoressa di famiglia se la ragazza può assumere qualcosa per trascorrere la notte tranquilla, oltre la tachipirina. Sono le 19,40. La professoressa invita le altre ragazze a scendere per la cena, gli inglesi fanno storie con i ritardatari. Rimbocca le coperte a Maria Cristina che sembra si stia appisolando, spegne la luce principale e lascia accesa quella del bagno. Il telefonino è sul comodino: «Chiamaci per qualunque cosa e in un secondo siamo qui». Alle 20,00 l'insegnante è seduta per la cena con le altre due colleghe. Maria Cristina arriva di corsa e sbatte la tachipirina sul tavolo: «Mia madre dice che devo mangiare prima di prenderla». La professoressa fa alzare un'altra ragazza per cederle il posto al tavolo delle sue amiche dove comincia a mangiare. Pochi minuti e un'alunna torna a chiedere aiuto alle insegnanti. Maria Cristina sta di nuovo piangendo, per non farsi vedere si è appartata nella stanza vicina alla cucina. La professoressa la raggiunge e le chiede se vuole parlare con i genitori. Maria Cristina ha lasciato il cellulare in camera. Un'amica lo va a prendere. La professoressa chiama dall'apparecchio, che ora è sotto sequestro, si gira e fa qualche passo per parlare con il padre. Un'altra delle insegnanti si alza, ha visto l'alunna andare verso la cucina. Un'amica chiede di entrare, gli inservienti la bloccano: di qua non si passa e non abbiamo visto passare nesuno. Le amiche e una delle professoresse cominciano a cercarla. Chi nella stanza, chi nella hall, chi fuori. Nessuno sa che dalla cucina si passa alle scale di servizio che portano all'unica finestra aperta dell'albergo. Alle 20,21 la professoressa riceve la chiamata dalla collega che ha trovato Cristina, per terra sul marciapiedi nella sua felpa verde, composta nel suo corpicino. Tutt'e due pensano che sia uscita dall'albergo e che abbia inciampato, non si spiegano perché non risponda. Un'inglese che ha già chiamato l'ambulanza, le invita a gridare forte il suo nome perché possa sentire. Maria Cristina respira, ma non parla. Arrivano i medici, tentano di rianimarla. I compagni e le prof sono ancora convinti che abbia inciampato. Fino a quando un interprete riferisce che, secondo la polizia, è caduta dall'ultimo piano. Tutti insieme gli occhi si voltano a guardare la finestra indicata dall'inglese. Una finestra di cui, secondo l'insegnante, Maria Cristina non poteva conoscere l'esistenza. Ma che ha trovato alla fine di una corsa fra la vita e la morte durata meno di cinque minuti. Maria Cristina era stata operata, aveva la febbre e il mal di gola, provava disagio se riceveva troppe attenzioni e affetto, a volte si sentiva di peso e questo non le piaceva. La professoressa la ricorda stressata, ma felice. Cercava aria e non si è fermata finché non l'ha trovata.

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