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A volte l'indifferenza spiazza chi crede di aver colpito nel segno e una scritta, se resta una scritta, non può far male

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Cosìuna svastica disegnata su una porta quasi un anno fa passa inosservata grazie al silenzio discreto di Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, al quale era destinato il messaggio razzista. Proprio ieri, Pacifici ha espresso disappunto sulla scelta delle forze dell'ordine di divulgare l'altro ieri la notizia alla stampa, subito accorsa a fotografare l'ombra trasparente della croce uncinata lasciata dall'acido con cui era stata pulita via dal portone. Ieri mattina, su due muri di Forte Bravetta e Porta Maggiore, sono apparse una lunga scritta e uno striscione contro il sindaco Alemanno. Un terzo striscione affisso in un'altra zona se la prendeva con i gay. La condanna del mondo politico è stata unanime sia nel caso di Pacifici che di Alemanno, come lo è stata giorni fa nei confronti della comunità gay. Pacifici, ieri, ringraziando la solerzia dei messaggi di vicinanza alla comunità ebraica, ha aggiunto che quando 9 mesi fa vide la scritta non denunciò l'accaduto anche «perché avrebbe portato a rischi di emulazione e non volevo dare soddisfazione agli autori». Ma gli autori sanno bene, invece, che, specialmente sull'onda delle recenti aggressioni ai gay e delle conseguenti polemiche, anche una scritta può far rumore. Roma è piena di scritte contro i gay, contro gli ebrei, contro i romeni, contro i neri. In giro se ne trovano ancora oggi contro Rutelli e Veltroni. Ora scrivono contro Alemanno. Così come Roma è piena di scritte d'amore come «Claudia ti amo», «Gabri e Nichi forever» o da stadio contro Lotito e la Sensi. E allora fa bene Pacifici a smorzare i toni. È vandalo chi disegna un cuore tanto quanto chi disegna una svastica o la falce e martello. Sono gli stessi politici, con la loro corsa alla condanna, a dare un significato politico agli scarabocchi. Come se avessero paura, restando in silenzio, di essere tacciati di razzismo, fascismo, comunismo e omofobia.

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