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Pd, spuntano altre due correnti: Schlein nella bufera. Ecco "ribelli" e "lealisti"

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Foto: LaPresse

I ribelli Dem, da Guerini a Picierno, lanciano la sfida con «Crescere». E subito i lealisti, da Speranza a Franceschini, si schierano con Elly

Aldo Rosati
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È lo squillo di tromba, che segnala l’inizio delle conflittualità. Quello che rompe la lunga pax di cui ha beneficiato la segretaria Pd praticamente da quando si insediò al terzo piano del Nazareno. Succede agli allenatori che promettono una bacheca piena di trofei, e che nel cuore della stagione si ritrovano a metà classifica. Così lo scettro torna in mano alle correnti: i riformisti che ieri a Milano hanno organizzato l’evento "Crescere", e i «lealisti», i leader che assicurarono la vittoria alla segretaria Pd nei gazebo (Franceschini, Orlando, Provenzano, Speranza) e che si vedranno a Montepulciano dal 28 al 30 novembre.

Ad aprire le ostilità è la minoranza, l’area che ha più subito il modulo di gioco imposto da Elly Schlein, a tutto campo con il M5S. Nel capoluogo lombardo, al teatro Parenti, ieri è  andata in scena la giornata dell’orgoglio riformista: la corrente festeggiava la ritrovata libertà (dopo il silenziatore che impose Stefano Bonaccini). Se ne è fatto interprete l’ex ministro Lorenzo Guerini, «Arnaldo», come lo chiamava Matteo Renzi, per ironizzare sul suo imprinting democristiano. «Se la radicalità porta a riempire le curve dello stadio e si esclude il resto dello stadio non abbiamo fatto un buon servizio» ha esordito il presidente del Copasir. Un’allusione trasparente, la segretaria è spostata sugli estremi, in questo modo ci perdiamo il pubblico di mezzo.

 

La minoranza teme la «polpetta avvelenata», la decisione di Elly Schlein di cedere ad altri il voto dei moderati. Lo dice chiaramente l’eurodeputato, ed ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: «Il riformismo non può essere esternalizzato, il PD nasce con questa matrice culturale fondamentale».

Poi c’è il timore evocato da Paolo Gentiloni: «il campo largo non è competitivo». Una preoccupazione che porta sul palco la deputata Lia Quartapelle: «Così rivince la destra». La parlamentare dem azzera la linea della segretaria: «Noi riformisti siamo testardamente unitari ma non con la formuletta politica del M5S e di Avs».

È il turno del padre nobile, Piero Fassino che mette il dito nella piaga: «L'opposizione al governo Meloni c'è, ma ad oggi non è percepita». A seguire la vicepresidente del parlamento europeo Pina Picierno: «Serve chiarezza anche dentro il Pd e non bisogna avere paura di fare questa chiarezza, i congressi si fanno per questo». A trasmettere l’umore della truppa ci pensa Graziano Delrio: «Siamo qui perché abbiamo vissuto un disagio e un silenzio, ma ora lo rompiamo». Messaggio al Nazareno: la minoranza accetta la sfida.

 

Sul fronte opposto, l’iniziativa, annunciata proprio ieri (per contendere visibilità al teatro milanese) dai capi corrente che sostennero Elly Schlein alle primarie, poi tenuti un po’ ai margini dalla segretaria. Le aree di Dario Franceschini, di Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano, e di Roberto Speranza si ritroveranno a fine novembre, dopo le regionali, per tre giorni in Toscana. Una specie di "richiamo alle armi", modello Blues Brothers, "quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare". L’intento è pedagogico: diamo una mano alla "spavalda" del Nazareno per aiutarla a vincere. Con un’implicita critica al passato: evitiamo i passi falsi o l’improvvisazione. L’allenatore prossimo alla sfiducia, alias Elly Schlein, alza le spalle: «Bene la discussione ma ora pensiamo alla manovra». Come dire, ho altro da fare.

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