
L'ultima delle toghe rosse: dopo la crociata pro migranti dichiarano guerra al Jobs Act

Prima era stata la mail anti Meloni svelata da Il Tempo con cui Maurizio Patarnello, sostituto procuratore di Cassazione iscritto a Magistratura Democratica, definiva la premier «più pericolosa di Berlusconi perché non ha inchieste», motivo per cui bisognava restare «compatti» (Patarnello a gennaio è stato premiato con l’elezione nel comitato direttivo dell’Anm). Negli stessi mesi i magistrati appartenenti alla corrente di sinistra dell’Associazione hanno bocciato a ripetizione i trasferimenti di migranti in Albania, sostenendo che i Paesi di origine - nello specifico Bangladesh ed Egitto - non erano sicuri (la Commissione Ue li smentirà stabilendo che quegli Stati sono sicurissimi). Uno scontro che si è poi trasferito alla Corte di giustizia europea a cui gli stessi giudici hanno fatto ricorso.
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Adesso, l’ultima "crociata" delle cosiddette "toghe rosse" riguarda i referendum promossi dal segretario della Cgil Maurizio Landini e appoggiati da M5S, Avs e un Pd lacerato al suo interno. Qualcuno potrebbe pensare: cosa c’è di strano? È legittimo che i magistrati si interessino alla politica quando riguarda la giustizia. Peccato che la consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno non abbia nulla a che vedere con il diritto. Quattro quesiti vertono sul lavoro, uno sulla cittadinanza (dimezzamento da 10 a 5 anni del tempo di residenza legale in Italia degli extracomunitari maggiorenni per ottenerla). Ed è proprio sul tema del lavoro, in particolare sulla richiesta di cancellare il Jobs Act, che le toghe di Magistratura Democratica scendono in campo. Lo fanno aderendo al comitato promotore dei referendum.
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Ecco la motivazione: «Intendiamo partecipare al dibattito pubblico sui temi referendari, cercando di contribuirvi, come associazione di magistrati, con il nostro specifico sapere tecnico - scrive l’esecutivo di MD - lo facciamo pensando che sia non solo un diritto ma un nostro dovere. E nel disegno costituzionale dei diritti il lavoro è al centro, fondamento della Repubblica democratica. Ma non qualsiasi lavoro, non ogni scambio tra la fatica umana e un compenso quale che sia: nella Costituzione il lavoro è via di emancipazione dal bisogno». Un appello a difendere la Costituzione quando i cinque referendum non riguardano minimamente gli articoli della Costituzione, ma leggi ordinarie promulgate in piena autonomia dalla classe politica nel corso degli anni.
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La nota di MD non finisce qui. La parte restante è il vero "manifesto" politico, dove viene indicato il traguardo da raggiungere: cancellare il Jobs Act, la legge voluta dal governo Renzi che Elly Schlein e Maurizio Landini vogliono abbattere. «I referendum di giugno - scrivono i magistrati - hanno il merito di rimandare a questa idea di lavoro, chiamando elettori ed elettrici a ripudiare un modello regolativo molto diverso, affermatosi nel nostro ordinamento ormai da decenni e di cui i decreti attuativi della riforma nota come Jobs Act costituiscono l’esempio ultimo e perfetto: un modello in cui il lavoro è un fattore della produzione come gli altri, è una merce, che può essere sempre usata quando serve e sempre dismessa quando non serve più, al più con una spesa predeterminata, generalmente modesta». Lavoratori di tutto il mondo unitevi.
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