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Giorgia Meloni, l'appello all'unità: "Remiamo tutti dalla stessa parte"

Dario Martini
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È la prima volta che partecipa alla parata del 2 giugno in veste di presidente del Consiglio. Giorgia Meloni coglie l’occasione per sottolineare che, nel rispetto del ruolo di tutti, di chi è al governo e di chi è all’opposizione, bisogna collaborare verso un obiettivo comune. Quella di ieri, per la premier, non è stata «una semplice celebrazione», ma «la dimensione del fatto» che «abbiamo un dovere, o ci mettiamo a lavorare tutti insieme, tutti dalla stessa parte, o nessuno da solo può uscire da una situazione di crisi». «Nessuno -aggiunge- può risolvere i problemi, dobbiamo capire che siamo tutti legati, dobbiamo remare tutti verso la stessa direzione. Se non ricordiamo che quello che abbiamo qualcuno lo ha costruito, anche sacrificandosi, allora non capiamo neanche il senso del perché noi dovremmo fare dei sacrifici per chi verrà dopo di noi. La patria è questo: una dimensione di sacrifici che si compiono insieme, per chi l’ha fatto prima di noi e per noi che lo facciamo verso gli altri».

 

Dalla principale leader dell’opposizione, però, arriva il solito silenzio. Non pare che EllySchlein abbia alcuna intenzione di accogliere l’invito a collaborare. Ha già avuto modo di dimostrarlo, dal tavolo sulle riforme alla posizione ondivaga sul sostegno all’Ucraina, come si è visto nel voto di giovedì quando il Pd si è spaccato a Bruxelles. Concetto espresso bene dal leader di Azione Carlo Calenda: «Che senso ha fare politica se quando il tuo avversario propone una cosa e tu, a prescindere, dici che è sbagliata anche se giusta, come ha fatto la sinistra sul taglio del cuneo fiscale? Se la sinistra e Schlein fa questo rimarrà sempre più marginale perché gli italiani vogliono che vengano risolti i problemi».

 

Ieri mattina Meloni ha partecipato insieme alle alte cariche dello Stato alla deposizione di una corona di alloro all’altare della Patria da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poi ha assistito alla parata delle Forze Armate ai Fori Imperiali. Al termine si è concessa qualche selfie con alcuni simpatizzanti e una breve chiacchierata con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, seduti a un tavolo nell’area "hospitality" allestita dal ministero della Difesa. «È sempre una forte emozione partecipare alle celebrazioni del 2 giugno - ha scritto poi su Twitter- Commemoriamo oggi il 77esimo anniversario della nascita della nostra Repubblica, simbolo di unità nazionale e identità del popolo italiano. Con orgoglio onoriamo la nostra storia e i valori fondanti della Costituzione italiana. Rendiamo omaggio ai caduti che hanno sacrificato la loro vita per la difesa della patria e per i sacri principi di libertà, uguaglianza e democrazia e ringraziamo i militari delle forze armate che ogni giorno, con spirito di servizio e dedizione incrollabile, lavorano per la pace e la stabilità dell’Italia e del mondo. Grazie a tutti coloro che contribuiscono a rendere l’Italia la grandiosa Nazione che è». Così come ha fatto Mattarella, anche il presidente del Consiglio non poteva esimersi dal ricordare la guerra in Ucraina e il sostegno che il nostro Paese garantisce a Kiev: «Questa è un’altra festa in tempo di guerra. Il nostro dovere è lavorare per difendere la libertà, per difenderei valori che hanno fondato la civiltà europea, per difendere una Nazione sovrana e per cercare la pace. Una pace che non può non tenere in considerazione che c’è una nazione aggredita e c’è una Nazione che aggredisce, quindi niente si può costruire senza il consenso dell’Ucraina».

 

Sostegno ribadito anche ritwittando sul suo profilo il messaggio di auguri per la festa della Repubblica, scritto in italiano, dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, perché «niente che si chiami pace può essere scambiato con la parola invasione. C’è una nazione aggredita, e una che aggredisce. Tutti noi lavoriamo per la pace ma non si può non partire dal presupposto che quella pace non si può costruire senza il consenso di chi è stato aggredito». 

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