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G7, Ucraina e Cina dominano il primo giorno. Si apre il caso Trudeau-Meloni

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Sostegno all'Ucraina, sanzioni alla Russia, rapporti con la Cina, disarmo nucleare. Al termine della prima giornata di lavori a Hiroshima sono questi i principali temi emersi dalle riunioni del G7. Tutti i leader hanno confermato il fermo impegno a fornire il necessario sostegno diplomatico, umanitario e militare a Kiev. Non solo, ribaditi ancora una volta gli sforzi concreti per rafforzare le sanzioni contro Mosca. Un messaggio diretto a Putin proprio mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atteso in Giappone per partecipare domenica in presenza al summit. Summit iniziato ufficialmente con una visita collettiva al Memoriale della Pace di Hiroshima - luogo dell'esplosione del primo ordigno nucleare - e proseguito con tre sessioni di lavoro intervallate da un'altra visita, stavolta al santuario di Itsukushima sull'isola di Miyajima.

 

 

Per il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, gli impegni di giornata sono cominciati però prima dell'avvio del vertice. Al mattino infatti la premier ha avuto un bilaterale con Justin Trudeau, in cui si è discusso ancora di Ucraina e Cina (i due leader hanno parlato della necessità di resistere ai tentativi di coercizione economica e di interferenza, anche da parte di Pechino), ma non solo. Il primo ministro del Canada ha infatti tirato in ballo il tema dei diritti Lgbt affermando che "il Canada è preoccupato per alcune" delle posizioni "che l'Italia sta assumendo". Frase che, ammettono fonti italiane, è stata "sorprendente" poiché l'incontro era stato preparato dalle due diplomazie e il tema non era tra gli argomenti chiave del bilaterale. La premier, spiegano le stesse fonti, ha comunque risposto che il governo italiano non ha cambiato la legislazione, non è stato fatto nessun intervento e perciò non c'è nulla di cui preoccuparsi.

 

 

Insomma, un fuori programma in piena regola in una giornata, quella della Meloni, contraddistinta da altri incontri, prima con il premier britannico Rishi Sunak - in cui la leader di Fratelli d’Italia ha posto l'accento sull'importanza di attuare una politica di collaborazione costruttiva con i paesi del Sud Globale - e poi con Olaf Scholz. Al centro dei colloqui, anche in vista dell'imminente visita in Italia del cancelliere tedesco (che dovrebbe arrivare a Roma l'8 giugno), la crescita delle sinergie fra i sistemi industriali tra i due paesi, e il dossier Ita-Lufthansa. Poco prima dell'avvio dei lavori del G7, inoltre, Meloni ha preso parte anche a un incontro di coordinamento Ue con Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

 

 

Nella prima sessione di lavoro, incentrata sulle prospettive dell'economia globale, Meloni è intervenuta sottolineando che "c'è stata una lettura superficiale dei rischi della globalizzazione, si sono rafforzate le autocrazie, le democrazie si sono indebolite". La premier ha aggiunto che "bisogna riprendere il controllo delle catene strategiche del valore" e ha poi posto l'accento sulla necessità "di una migliore e più efficace collaborazione con il Sud Globale". Per la presidente del Consiglio occorre "lavorare insieme per dare forma a un ordine economico internazionale libero e aperto, concentrarci sull'espansione delle relazioni commerciali rimanendo fermi sui principi di apertura, trasparenza, concorrenza leale (perché nessun mercato può essere libero se non è anche equo) e Stato di diritto". Nella sessione conclusiva, dedicata a politica estera e sicurezza, è invece emerso il tema della Via della Seta. Secondo la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, si dovrebbe "intensificare il lavoro per creare un'alternativa alla Belt-and-Road". Il dossier sui rapporti con Pechino riguarda da vicino l'Italia per il memorandum siglato dal governo Conte nel 2019. Memorandum in scadenza a marzo, ma da disdire entro dicembre per non far scattare un rinnovo automatico. Secondo fonti italiane, tuttavia, il tempo per decidere come muoversi non manca e, soprattutto, non c'è nessuna pressione sul governo, anche da parte degli Stati Uniti. Posizione questa confermata a Hiroshima in un incontro di alto livello con un'esponente dell'amministrazione americana.

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