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Riforme, opposizioni divise su tutto. Ma a Meloni va bene così

Edoardo Romagnoli
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«Una giornata proficua» così Giorgia Meloni ha commentato il lungo giro di consultazioni sulle riforme iniziato alle 12,30 con il Movimento 5 Stelle e concluso ben oltre le 20,30 dopo l’ultimo incontro, il tanto atteso faccia a faccia con Elly Schlein. Tutte le forze di opposizioni sono d’accordo sulla diagnosi ossia che il sistema attuale non garantisce la stabilità, ma non sulla cura da adottare. Dal canto suo Meloni ha ribadito che il governo non si è presentato al tavolo con la volontà di presentare una riforma già fatta, «non siamo innamorati di un sistema nello specifico». La ratio alla base di questo giro di consultazioni è stata proprio quella di ascoltare tutti per arrivare alla soluzione più condivisa possibile. Le posizioni sono eterogenee ma sul no secco al presidenzialismo, ossia l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, sono tutti d’accordo, mentre ci sono timide aperture sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, il cosiddetto Sindaco d’Italia. Ma partiamo con ordine.

 

 

La delegazione del Movimento 5 Stelle è stata la prima a varcare la soglia della Biblioteca del Presidente a Montecitorio. Al termine dell’incontro Giuseppe Conte ha chiarito la posizione del Movimento: no a presidenzialismo e premierato, sì all’ipotesi della Bicamerale. Ipotesi che Meloni non esclude sempre se «il confronto è serio non possiamo però perdere tempo all’infinito». La controproposta grillina passa attraverso il «rafforzamento dei poteri del premier». Azione e Italia Viva sono d’accordo sul Sindaco d’Italia e per il superamento del bicameralismo, ma c’è una «linea rossa da non superare - ha detto Calenda - la figura di garanzia, di unità nazionale, sulla Costituzione, del presidente della Repubblica non si tocca». Il monocameralismo era una dei punti cardini della riforma di Renzi e Maria Elena Boschi ha voluto ricordarlo: «Noi ora che siamo all’opposizione non faremo alla Meloni, che è al governo, quello che lei da leader di FdI ha fatto nel 2016 a noi». Se per Calenda e Azione «è importante che ci si confronti anche con le altre opposizioni» per la Boschi, e Italia Viva, non c’è «la necessità di un coordinamento con le opposizioni, tanto meno con i 5 Stelle». Chi punta al coordinamento delle opposizioni è Più Europa che con Riccardo Magi ha spiegato: «Abbiamo chiesto un coordinamento agli altri leader delle opposizioni. Ci sembra che ci siano ipotesi di lavoro che sono simili, se non identiche, tra le varie forze di opposizioni». Però nel merito delle proposte emerse c’è un no secco al Sindaco d’Italia «una vera e propria sciocchezza» e all’elezione diretta della prima carica dello Stato perché «cozzerebbe con l’assetto costituzionale attuale. Un presidente del Consiglio non eletto dal Parlamento come potrebbe coesistere con un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento? Sarebbe un evidente conflitto istituzionale».

 

 

L’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana rimanda al mittente sia la proposta sul presidenzialismo sia quella sul premierato. «Oggi si crea questa grande attesa sulle riforme ma i problemi sono tutti lì, con una crisi economica, sociale e ambientale che nessuno vuole affrontare» ha detto Angelo Bonelli. Arriva poi il momento tanto atteso del primo faccia a faccia tra Elly Schlein e Giorgia Meloni. Il Pd si era preparato all’incontro fissando, il giorno prima, una riunione della segreteria alle 8 del mattino per trovare una linea comune prima del confronto. La paura dei dem è che il governo voglia cercare di rafforzarsi a partita in corso. «Ciò a cui non ci prestiamo è l’indebolimento dei pesi e contrappesi previsti dalla Costituzione» ha sottolineato Schlein. «Il problema non è rafforzare l’esecutivo, ma rafforzare la stabilità dell’esecutivo. Non è accentrare il potere. Ogni sistema democratico ha bisogno dei suoi contrappesi. Io credo che una democrazia abbia bisogno dell’opposizione, siamo persone che capiscono il tema dei contrappesi. Sicuramente il nostro obiettivo è portare a casa questa riforma, bisogna capire qual è la convergenza» ha spiegato Meloni. Schlein esclude sia il presidenzialismo che il premierato «una forma che non esiste in nessun Paese e che indebolirebbe il Parlamento».

La proposta dem prevede l’istituto della «sfiducia costruttiva» ossia l’impossibilità del Parlamento di sfiduciare il governo senza prima aver concesso la fiducia al nuovo esecutivo. Ma secondo il presidente del Consiglio: «Quando si propone la sfiducia costruttiva che vuol dire lasciare il sistema così come è, togliendo al presidente della Repubblica le consultazioni, non mi sembra una formula risolutiva». Per Schlein è necessario «rafforzare gli istituti referendari e le leggi di iniziativa popolare», per questo ha proposto di «modificare la legge elettorale». Il dialogo con le opposizioni vedrà altri appuntamenti e nel frattempo Giorgia Meloni ha fatto sapere che «questo nostro ascolto continuerà con le Regioni e i sindaci, probabilmente anche con i corpi intermedi. Dopo formuleremo le nostre proposte». Il governo è aperto al dialogo e all’ascolto, ma non vuole perdere tempo perché come ha ricordato anche Tommaso Foti capogruppo FdI alla Camera: «Abbiamo vinto le elezioni con un programma in cui c’erano le riforme elettorali e abbiamo il diritto di farle».

 

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