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Pd, il segretario Elly Schlein è sempre più in difficoltà

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Claudio Querques
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Il Nazareno (nuova gestione) ha accusato il colpo. L’addio di Carlo Cottarelli non è scivolato via come l’olio. La naturale inclinazione alle scissioni, la predisposizione al correntismo, non sono bastati a sedare i mal di pancia e i malumori che si annidano anche nel sindacato. A girare le spalle non è stato uno dei tanti peones ma l’ex commissario straordinario della Spending review e lo ha fatto descrivendo punto per punto il suo totale dissenso. È un pezzo di cultura politica ed economica che si stacca. Una defezione che scava un solco profondo e spinge verso l’alto il grafico della tensione. Cottarelli si aggiunge ad una lista di nomi, Fioroni, Borghi, Chinnici, Marcucci. Elenco che si potrebbe allungare nei prossimi giorni e mesi, soprattutto quando con largo anticipo si parlerà di candidature e ricandidature per le prossime Europee. «Il rapporto con il sindacato è un problema serio – ammette Graziano Delrio, intercettato da noi al termine della cerimonia per l’anniversario della Costituzione e dei 75 anni del Senato - si deve stare sempre dalla parte dei lavoratori». «Di tutti i lavoratori», scandisce l’ex ministro prima di unirsi intorno al buffet offerto a Palazzo Madama con un drappello di colleghi, tra i quali Vittorio Sgarbi e Simona Malpezzi.

 

 

 

Qualsiasi riferimento alla polemica sulla t-shirt della Fiom indossata da Elly sul palco di Bologna sabato scorso - la maglietta che ha fatto infuriare i metalmeccanici della Fim Cisl - è puramente casuale. Cauto anche Francesco Verducci. «La segreteria nazionale si è appena insediata, lasciamoli lavorare – butta acqua sul fuoco il senatore dem – l’importante è che si rispetti l’idea di un grande Pd». Dove per «grande» si intende aperto a raccogliere più istanze. La "sinistra-sinistra" di Elly che sembianze avrà? Se lo chiede anche Lorenzo Guerini, l’ex ministro del Giglio magico (Base riformista) che si era speso in difesa di Enrico Borghi. «Penso che il Pd sia ancora quel soggetto che trae la sua forza dal suo essere plurale – puntualizza il presidente del Copasir – sono dispiaciuto per le dimissioni di Cottarelli e le rispetto». «La nostra comunità – continua il deputato dem - è fondata sul dialogo e sulla ricerca di sintesi, parola antica, tra culture e sensibilità diverse che si riconoscono in un medesimo profilo progressista e riformatore. se una di queste voci si spegnesse o abbandonasse il campo il Pd sarebbe un’altra cosa, non sarebbe più il Pd».

Se il progetto politico di Beppe Fioroni, il primo a fare le valigie, langue, altri sono pronti ad accogliere i fuoriusciti. «Qualcuno ci ha preso per un supermercato», la butta sull’ironia Toni Ricciardi, professore associato di Storia delle migrazioni e delle catastrofi. Quelle da scongiurare nel caso si aprissero altre fratture. Bonacciniane come Pina Picierno e dissidenti come Alessandra Moretti potrebbero già essere proiettate verso altri lidi. L’ex capogruppo in Senato Simona MaIpezzi parla di «un malessere e uno spaesamento che non possono essere minimizzati». Il segretario lombardo Vinicio Peluffo esprime il suo rammarico per l’addio dell’economista. ll presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani punta i piedi e si colloca tra «i moderati e i riformisti». Sa già che sull’Autonomia differenziata andrà in collisione con Elly. E Matteo Renzi sta alla finestra e gongola: «La Schlein perde pezzi ma è solo l’inizio, diamo tempo al tempo e il quadro politico di questo Paese cambierà».
 

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