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Meloni “svecchia” Palazzo Chigi: nuovi arredi e cambio di look

Dario Martini
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Tre settimane fa, intervistata da Paolo Del Debbio che era andato a trovarla a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha svelato i lavori commissionati per «svecchiare» il suo ufficio. Un restyling motivato da un’esigenza di «sobrietà», per usare le parole del premier. Lo svecchiamento, in realtà, non si ferma al cambio di tappezzeria e ai nuovi arredi nell’ufficio del capo del governo, ma riguarda più in generale la presidenza del Consiglio, visto che negli ultimi mesi sono stati comprati divani, mobili e poltrone da lavoro, per una spesa complessiva di circa centomila euro. Anche se i contratti sono stati stipulati durante la presidenza Meloni, alcuni di questi lavori erano previsti già da tempo, quando a Palazzo Chigi c’era ancora Mario Draghi. La prima determina del Dipartimento per i servizi strumentali, infatti, risale al 21 ottobre scorso, il giorno prima del giuramento di Meloni da presidente del Consiglio. Riguarda la «fornitura di mobili e arredi per postazioni di lavoro», secondo quanto previsto dal cosiddetto «fabbisogno 2022».

 

 

Il contratto da 39.396 euro è del 20 dicembre, e prevede dieci «scrivanie direzionali» (quattro in metallo e vetro e sei in ciliegio), dieci cassettiere, quattro tavoli da riunioni con piano in vetro, trenta poltrone e trenta «mobili direzionali». Poi c’è la determina del 20 dicembre scorso per l’acquisto di «dieci salotti tipo Chesterfield».per una spesa complessiva di 31.450 euro. Si tratta di «poltrone in pelle liscia» fornite da un ditta in provincia di Arezzo. L’esigenza di comprare questo tipo di arredi era stato già sollecitato il 21 aprile 2022, mentre il contratto è di gennaio. Infine, c’è il restyling delle stanze dove lavora il presidente del Consiglio. Nello specifico, si tratta del Salotto Giallo, dove il premier riceve ospiti e delegazioni, e della Galleria Deti, dove ha il suo ufficio. La determina è di pochi giorni prima di Natale, mentre il contratto è stato stipulato a gennaio.

 

 

La necessità di «procedere alla realizzazione di interventi di tappezzeria e sostituzione di elementi di arredo in stile» di pregio è stata manifestata dal segretario generale lo scorso 25 novembre, circa un mese dopo l’insediamento di Meloni a Palazzo Chigi. Costo: 27mila euro. A finire in soffitta sono stati gli arredi voluti da Massimo D’Alema nel ’99: tende, drappi e parati giallo oro damascati considerati poco sobri. Mario Draghi, prima di lasciare palazzo Chigi, era riuscito a rivoluzionare la sala stampa, dalla riproduzione di colonne con capitelli corinzi agli stucchi bianchi con gli specchi, che risalivano al governo Berlusconi. Niente a che vedere, comunque, con la ristrutturazione dell’appartamento del premier voluta da Giuseppe Conte, comprensiva di cabina doccia con otto getti idromassaggio, anche se l’allora presidente del Consiglio voluto a Palazzo Chigi dal M5S, assicurò di non avere fatto altro che acconsentire a predisposizioni dei premier precedenti.

 

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