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Condannata per peculato, Augusta Montaruli si dimette

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A seguito della condanna definitiva a 1 anno e 6 mesi per peculato, la sottosegretaria all’Università Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, ha deciso di dimettersi. L’esito giudiziario, che riguarda le "spese pazze" dei gruppi parlamentari del consiglio regionale Piemontese tra il 2010 e il 2014, ha immediatamente sollevato la reazione delle opposizioni che ancor prima della decisione presa da Montaruli ne invocavano il passo indietro. Ma non solo. Anche all’interno della coalizione di maggioranza infatti, non è mancata qualche voce d’insofferenza per quello che poteva rappresentare un motivo d’imbarazzo. «Ho deciso di dimettermi dall’incarico di Governo per difendere le istituzioni, certa della mia innocenza», spiega in una nota Montaruli che anticipa un possibile ricorso alla Corte di Giustizia Europea e sottolinea: «Ho la serenità di poter dire che non ho causato alcun ammanco alle casse pubbliche né altro danno alla pubblica amministrazione e ai cittadini».

 

 

 

 

Tra i primi a puntare il dito contro la sottosegretaria è il Partito democratico che, attraverso le capogruppo al Senato, Simona Malpezzi, e alla Camera, Debora Serracchiani, denuncia «l’inadeguatezza di questa destra che - dicono i dem -, unita alle ambiguità della maggioranza sulla nostra collocazione internazionale, mette a rischio la credibilità del nostro Paese». Va anche oltre la candidata alla segreteria del Pd Elly Schlein, che definendo «atto dovuto» la decisione di Montaruli, chiede che lo stesso passo indietro lo facciano anche Donzelli e Delmastro. Parla di «governo di destra imbarazzante» Angelo Bonelli che accusa come il nome di Montaruli, su cui pendeva una sentenza definitiva «non doveva essere indicato». Fa quadrato attorno alla sottosegretaria dimissionaria invece FdI. Per i due capigruppo al Senato e alla Camera, Lucio Malan e Tommaso Foti, quella di Montaruli è «una scelta generosa e spontanea». «La aspettiamo attiva e determinata - scrivono -, sia nel gruppo parlamentare sia nel partito, perché continui ad essere punto costante e prezioso riferimento e a trasfondere quell’entusiasmo che le deriva da una disinteressata passione». Stessa vicinanza espressa dal senatore di Forza Italia e vice presidente del Senato Maurizio Gasparri che parla di «uso politico della giustizia»: «Altro che commissione d’inchiesta - dice Gasparri -, ci vorrebbe ben di più per impedire un uso discutibile degli strumenti giudiziari». Ma da Forza Italia era arrivata anche un’altra voce, quella del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, che intervistato a Rainews24 poco prima delle dimissioni dell’esponente di sottogoverno aveva parlato apertamente dell’«imbarazzo» che la vicenda poteva determinare nell’esecutivo. Un’uscita che non è piaciuta a via della Scrofa, dai cui ambienti hanno replicato osservando: «Mulè pensava di metterci in difficoltà con le sue provocazioni: ha preso uno schiaffo morale dalla Montaruli la cui impronta gli manterrà la faccia ben più rossa di quanto rubiconda già sia». In serata la replica di Mulè: «Non c’è risposta alcuna da dare per il semplice fatto che tutta la costruzione delle invettive anonime si basa su fatti mai avvenuti. Poiché ritengo impossibile che queste espressioni siano da attribuire a ’fonti autorevolì mi vedo costretto a sollecitare gli autorevoli esponenti di Fratelli d’Italia a prendere immediatamente le distanze da queste gravissime, velenose e calunniose affermazioni al limite della minaccia».

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