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Salone del Libro, va in scena l'ultima farsa sulle nomine

Domenico Alcamo
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Ci mancava la guerra Punica sul salone del libro. Tutto parte dalla rinuncia del Premio Strega Paolo Giordano alla candidatura per il ruolo di direttore. Tra le sue varie argomentazioni alla base della decisione, esprime anche il non essere d’accordo con alcuni nomi che sono stati avanzati per il comitato editoriale. Eccoli: Alessandro Campi, Giordano Bruno Guerri, Pietrangelo Buttafuoco. Persone di indubbio valore nel panorama culturale italiano e in quello che dovrebbe essere un sano confronto di idee. Che evidentemente la sinistra non concepisce, preferendo monopolizzare ogni ambito in cui la cultura si esprime. A spiegare com’è andata la cosa, in una lunga nota, è stato Francesco Giubilei, consigliere del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. «La richiesta di collaborazione con il Ministero è arrivata direttamente dagli organizzatori del Salone del Libro. Dopo tale richiesta, il Ministero ha proposto alcuni nomi nel comitato editoriale del Salone del Libro per garantire un pluralismo che nei fatti non c’è stato».

Dunque, la richiesta di sinergia proviene dal Salone del Libro. Dal Collegio Romano non è giunta alcun diktat, ma un semplice suggerimento. Peraltro, va sottolineato che i componenti del comitato sono ben diciannove. Dunque, tre su diciannove costituiscono una significativa minoranza numerica. Ma la sinistra, sia politica che culturale, evidentemente cerca di far scoppiare l’ennesima polemica, e prende a pretesto quello che sarebbe (peraltro senza imposizioni) un percorso di riequilibrio per tirar fuori l’ennesimo copione di un centrodestra intollerante e pronto al bavaglio. Il vicesegretario Pd, Peppe Provenzano, twitta: «Il ritiro della candidatura di Paolo Giordano alla direzione del Salone del Libro rivela scenari inquietanti. La destra di Meloni vuole riscrivere la storia d’Italia (riabilitando l’Msi) e le scalette di Sanremo. Dal governo vuole occupare la Rai e ora anche il salone di Torino?». Addirittura, sempre i dem, stavolta per iniziativa dei capigruppo in Commissione cultura di Camera e Senato, annunciano un’interrogazione: «Pretendiamo si faccia immediata chiarezza sulla eventuale imposizione di nomi nel comitato editoriale». E poi Simona Malpezzi, presidente dei senatori, attacca: «Il ministro Sangiuliano non faccia finta di nulla e dica chiaramente se ha imposto nomi nel comitato editoriale del Salone del Libro di Torino. Non si può attaccare l’indipendenza e la libertà di una delle migliori esperienze culturali del Paese». Nell’account social dei dem, addirittura viene pubblicata una grafica, con questa scritta: «La cultura è libera. Giù le mani dal Salone del Libro». Insomma, una tempesta sul nulla. L’espressione già vista di una realtà virtuale. Il centrodestra replica agli attacchi: «Si ribalta la realtà con condotta temeraria. Negli ultimi anni il Salone del libro ha mostrato un deficit di pluralismo e ora si capisce meglio il perché. Eventi del genere hanno bisogno di un direttore che alimenti tutte le voci. Non di un "padrone" che pare cedere alla tentazione del veto. È molto triste apprendere di un pregiudizio a danno di illustri storici, scrittori e saggisti. E chiedo lumi su questo fatto sconcertante», dice il Senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi, dal suo canto osserva: «La reazione di Paolo Giordano, che denuncia "pressioni che pregiudicano la sua libertà e indipendenza" è fuori luogo». E aggiunge: «Ancor piu grave è la presa di distanza, nella presunzione di ritenere di destra tre pensatori di primo piano, orgoglio della nazione, come Alessandro Campi, Pietrangelo Buttafuoco e Giordano Bruno Guerri, noti per la libertà e indipendenza del loro pensiero, colpevoli non di essere di destra, ma di non essere organici a un potere che si riconosce in Paolo Giordano».
 

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