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Giorgia Meloni in Libia, la missione del premier: patto per fermare i migranti

Francesca Musacchio
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L’Italia in Libia incontra il muro di Haftar. Il premier Giorgia Meloni, insieme al ministro degli Esteri Tajani e quello dell’Interno Piantedosi, è oggi a Tripoli. La visita, però, non comprenderà la tappa a Bengasi, pare per volere del generale che non ha accettato di incontrare la delegazione italiana. Ufficialmente Haftar ha fatto sapere di trovarsi all’estero per motivi di salute. Ma secondo fonti locali, l’uomo forte della Cirenaica sarebbe in Libia ma non avrebbe nessuna intenzione di incontrare Giorgia Meloni.

Il motivo sarebbe legato all’accordo sul gas che, a dire di Haftar, non è condiviso. Haftar e Fathi Bashagha, il premier designato dal Parlamento parallelo di Tobruk, infatti, non riconoscono il premier di Tripoli Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh. Ma non solo. Il generale ha forti legami con la Russia, al momento molto presente in Cirenaica. Per tale motivo un mese fa, il capo della Cia, William Burns, è volato in Libia con l’intento di discutere l’influenza russa proprio in Cirenaica.

L’obiettivo degli Stati Uniti è diminuire l’influenza di Mosca su tutta l’Europa e per questo avrebbero anche agevolato gli accordi sul gas dell’Italia con Algeria e Libia. Meloni e i suoi ministri, dunque, incontreranno solo Dbeibeh, a capo del governo di Tripoli, al quale verrà sottoposto anche un memorandum sull’immigrazione preparato in Italia dal ministero dell’Interno. L’accordo prevede l’invio di motovedette per la guardia costiera, alcune dismesse dall’Italia, altre nuove e finanziate dall’Europa. In cambio la Libia di impegna a contrastare il flusso che parte dalle coste e diretto verso il nostro Paese, anche se non è chiaro in che modo.

Un punto, questo, su cui ieri è intervenuta anche l’Unione Europa specificando che «non abbiamo mai e poi mai finanziato la guardia costiera libica e non lo faremo, ma stiamo fornendo supporto sotto forma di equipaggiamento relativo alle navi - ha detto il portavoce per gli Affari esteri della Commissione europea, Peter Stano - Lo scopo della nostra cooperazione con la Libia è quello di migliorare la gestione della migrazione e quindi il nostro supporto alla guardia costiera libica è finalizzato a migliorare la capacità di salvataggio, operazione di ricerca e soccorso in particolare sul territorio libico, questo non è finanziare quell’organizzazione».

Questo, al momento, sarebbe il massimo che il governo italiano avrebbe ottenuto, ma resta l’importanza e il peso politico del viaggio in Libia da parte del presidente del Consiglio accompagnata da due ministri di peso. I precedenti governi, infatti, hanno abbandonato il dossier Libia e la lunga assenza dell’Italia, considerata la situazione critica sul terreno, hanno facilitato l’espansione di altre realtà. Adesso, però, potrebbe aprirsi una nuova fase. Proprio ieri, alla vigilia dunque del viaggio di Meloni in Libia, Farhat Bengdara, presidente della Compagnia petrolifera nazionale libica (Noc), attraverso l’agenzia Bloomberg ha fatto sapere che l’investimento da 8 miliardi di dollari che Eni si appresta a fare in Libia, e che verrà annunciato oggi, è il maggiore degli ultimi 25 anni. «Il settore energetico non vedeva un investimento di questa portata da più di un quarto di secolo ha detto Bengdara - È un chiaro messaggio alla comunità imprenditoriale internazionale che lo Stato libico ha superato la fase dei rischi politici».

Ma potrebbe anche essere un messaggio ad altri Paesi europei da parte dell’Italia che, forse, potrebbe tornare ad esercitare un ruolo in nordafrica. La decisione di recarsi a Tripoli insieme a due ministri, evitando di delegare come fatto in passato, pare sia stata una precisa scelta del premier con l’obiettivo di ripristinare l’influenza italiana in Libia e contemporaneamente diminuire sempre più la dipendenza dal gas russo.

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