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Regionali in Lazio e Lombardia per decidere chi comanderà nel Pd

Claudio Querques
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Come trasformare il voto alle prossime regionali in un congresso di partito? I dem ci stanno riuscendo. Nel Lazio sosterranno per la presidenza della Pisana Alessio D'Amato, l'assessore alla Sanità che non avrebbero mai candidato se non lo avesse scelto con un blitz improvviso Carlo Calenda. In Lombardia hanno virato a sinistra piombando a sorpresa su Pierfrancesco Majorino, nome gradito agli amici di Giuseppe Conte. Cosa hanno in comune le due candidature? Nulla. Ma raffigurano bene l'oscillazione del pendolo di Foucault. Nel Lazio flette verso il Terzo Polo, la scelta centrista e moderata. Dalle parti del Pirellone la forza centrifuga spinge a sinistra verso i grillini. Due candidati diversamente dem e altrettante mozioni. «Da come andrà il voto in queste due regioni si capirà chi vincerà il congresso che si terrà a una settimana dalle amministrative, dunque, con le schede ancora "calde"», è la previsione di un autorevole esponente del Nazareno che però non vuole apparire.

 

 

Chi invece non teme di esporsi è Gianfranco Zambelli, subentrato in extremis alla Pisana, consigliere regionale, dopo essere risultato il primo dei non eletti. «Ho apprezzato molto la proposta politica di Calenda, compreso l'incontro con la Meloni - annuncia la sua fuoriuscita Zambelli, che ha ancora in tasca la tessera del Pd - non ho condiviso la gestione del dopo-elezioni, lasciare in questi mesi cruciali il partito sospeso è stata una follia». Zambelli prese settemila preferenze. E la campagna della strana coppia Calenda-Renzi non finirà qui. Si fa il nome di Rodolfo Lena, dato in avvicinamento insieme ad altri ancora nell'ombra. Non c'è ancora l'opa sul Pd laziale, siamo agli effetti collaterali, all'onda lunga del dopo 25 settembre. Alla consapevolezza che in caso di sconfitta gli eletti del centrosinistra saranno al massimo 6, cioè meno della metà. Da qui e dall'incertezza che regna sovrana il riposizionamento per ricongiungersi con gli altri "ex" Marietta Tidei e Valentina Grippa. Fino a qualche giorno fa si era fatto il nome di Patrizia Prestipino, rimasta fuori dalle Politiche, poi è arrivata sui social la sua adesione a Stefano Bonaccini. Ma non è escluso che molti delusi vengano recuperati nella Lista civica per D'Amato. Il quale, da parte sua, allergico alle correnti, sa bene che se fosse dipeso dai big mai e poi mai si sarebbe trovato a correre da governatore, poltrona già destinata all'attuale presidente del Consiglio regionale, Daniele Leodori, espressione del campo largo. Non a caso, prima che esplodesse il caso-Ruberti era circolato un sondaggio che lo dava in testa nel gradimento, seguito da Enrico Gasbarra e poi da D'Amato.

 

 

Movimenti di truppe oltre i confini delle rispettive correnti si registrano anche in vista della candidatura che Elly Schlein ufficializzerà domenica prossima al Monk, a Casalbertone. Il resto è ordinario caos calmo. L'ex guru Bettini ancora ondivago, indeciso se spingere Orlando o convergere insieme a Gualtieri (e Mancini) sul sindaco di Pesaro Matteo Ricci; Nardella che cerca una sponda anche oltrArno. Ci sarebbe poi Majorino che ha iniziato a sparare ad alzo zero su Letizia Moratti, anch'essa candidata da Calenda: «Da ex vicepresidente della Regione ha votato a favore di tutti, dico tutti, i provvedimenti della giunta che oggi contesta». Qualcuno lo avvisi: nel Lazio il Terzo Polo si sta alleando con il partito che in Lombardia lo sostiene.

 

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