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Elezioni regionali, Pd nel caos. Spunta l'idea delle primarie

Daniele Di Mario
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Enrico Letta convoca la segreteria e accelera la fase congressuale del Pd. Al Nazareno, il segretario dimissionario ripete quanto scritto in una lettera pubblicata ieri da la Repubblica. Letta propone ai Dem «una costituente per la sinistra di governo», indicando «le tappe per fare rinascere subito il Partito democratico» e per la «scelta della leadership che lo guiderà». Letta parla di un «tempo di opposizione e di costruzione di un’alternativa alla destra». Al Pd «serve una vera discontinuità. Un percorso che parte con un appello all’adesione, aperto a tutti coloro che vogliono essere protagonisti con noi di questa svolta». Insomma, suggerisce Letta: «Apriamo i nostri circoli anche ai non iscritti».

Ma da qui al congresso c’è una tappa intermedia fondamentale, le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia, con l’ipotesi di un election day a febbraio sempre più probabile. La riproposizione del campo largo che oggi è maggioranza alla Pisana sembra sempre più lontana. Soprattutto ora che Carlo Calenda ha ufficializzato che il Terzo polo sosterrà Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della giunta Zingaretti. L’ultima chiamata del Pd agli (ex?) alleati è già partita. Per le regionali bisogna fare presto e i dem non sono più disposti ad aspettare. Nel Lazio, senza un accordo con i 5Stelle, sono pronte le primarie, dicono fonti del partito regionale.

 

 

 

Ipotesi però remota. Chi parteciperebbe alle primarie? La presenza di D’Amato, che nel frattempo è diventato il candidato di Calenda, è tutta da verificare, benché in passato si sia detto pronto a correre ai gazebo e vanti sponsor come il sindaco di Fiumicino Esterino Montino. Anche la candidatura del vicepresidente Daniele Leodori, che qualche giorno fa ha ritirato la propria candidatura senza un accordo con il M5S, sembra più lontana. Di certo sarà della partita Marta Bonafoni, consigliera regionale della giunta Zingaretti. Uno scenario decisamente desolante per pensare che possa scaldare i cuori dell’elettorato e portare la base dem a votare alle primarie.

Più probabile allora che Letta opti per due candidature di caratura nazionale. In Lombardia il nome caldo è sempre quello di Carlo Cottarelli. Nel Lazio si parla sempre di Marianna Madia, mentre Monica Cirinnà scalpita dopo la mancata rielezione in Parlamento a causa della candidatura in un collegio balordo, con conseguenti tensioni e accuse al vetriolo a Letta, che ora difficilmente potrebbe pensare all’ex senatrice. Andrea Riccardi da tempo si è detto indisponibile e nelle ultime ore è spuntato fuori il nome di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Un nome su cui sarebbe difficile mettere veti o sollevare obiezioni. Ma anche da convincere.

Anche perché, col nodo alleanza ancora tutto da sciogliere, la prospettiva per il Pd di andare da solo è tutt’altro che remota. I Dem hanno già detto che in Lombardia non sosterranno Letizia Moratti, con il Terzo polo che a Natale varerà la federazione Azione-Italia viva e a febbraio andrà da solo alle elezioni regionali. A questo punto anche nel Lazio, con Alessio D’Amato. Francesco Boccia continua a tenere i contatti con Giuseppe Conte, ma il leader M5S - nonostante il pressing delle assessore regionali Roberta Lombardi e Valentina Corrado - non sembra recedere dal proposito di andare da solo sia nel Lazio che in Lombardia. A spingerlo non solo la classe dirigente locale, ma anche l’ambizione di «svuotare» l’elettorato del Pd, puntando, ad esempio, su temi come pacifismo ed ecologismo. E il no al termovalorizzatore di Roma voluto dai Dem e dal sindaco Roberto Gualtieri rappresenta un ostacolo insormontabile. Così come Conte non è disposto a trattare con l’attuale classe dirigente del Pd, neppure se il Nazareno fosse disponibile a concedere un candidato terzo. Pensare a un accordo Pd-M5S prima del congresso dei Dem è insomma un azzardo, soprattutto perché sulle elezioni regionali passa uno snodo politico nazionale. Con M5S e Terzo polo uniti dallo stesso proposito: andare da soli e lanciare un’opa sugli elettori democratici da fronti opposti: Conte a sinistra, Calenda e Renzi al centro.
 

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