Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Pd aggrappato alle boldrinate. L'ultima è aggiungere Sorelle ai Fratelli d'Italia

L'ultima battaglia contro Giorgia Meloni

Alessio Buzzelli
  • a
  • a
  • a

La neo premier Giorgia Meloni sceglie di farsi chiamare «il presidente del Consiglio», al maschile, e, dopo nemmeno un'ora, scatta subito la polemica. Non essendoci ancora provvedimenti concreti del nuovo governo contro cui scagliarsi, la sinistra decide dunque di scatenare una piccola bagarre politica su questioni di altro genere; anzi, questioni di genere per la precisione, una specialità della casa.

 

«La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato? La Treccani dice che i ruoli vanno declinati. Affermare il femminile è troppo per la leader di FdI, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?»: con queste parole, ieri, l'ex presidentessa della Camera, Laura Boldrini, ha rimproverato via Twitter il presidente Meloni per non aver scelto la desinenza in «a» per le proprie comunicazioni ufficiali. E così, in attesa che si possa discutere di politica vera e propria, l'onorevole Boldrini non rinuncia comunque ad onorare il proprio ruolo di parlamentare d'opposizione, lanciando una polemica di genere linguistico, semantico, semiotico.

 

Qualcuno potrebbe definire tali questioni del tutto irrilevanti, ma sbaglierebbe: primo perché la lingua plasma la realtà, secondo perché la sinistra ha scelto la riprogrammazione del linguaggio in senso politicamente corretto come una battaglia decisiva per la magnifiche sorti e progressive della nostra società (che poi coinciderebbero con loro al Governo ad libitum).

Magnifiche sorti che Giorgia Meloni avrebbe messo in grave pericolo per non aver scelto di farsi chiamare «presidentessa» - o, ancora meglio, «presidenta» - e per aver dimenticato di inserire le «sorelle» accanto ai «fratelli» nel nome del suo partito. Cosa, questa, che ha dimenticato di fare anche Goffredo Mameli allorché scrisse l'inno d'Italia, ma si sa, quelli erano altri tempi, altri uomini, altre storie.

 

In tutti i modi, a sostegno della sua teoria, Laura Boldrini nel suo tweet tira in ballo la Treccani, in cui si afferma che i ruoli vadano declinati: tutto vero, ma a questo punto bisognerebbe anche ricordare che la medesima Treccani, nella sua sezione dedicata ai neologismi, inserisce anche un termine esclusivamente dedicato alla deputata del Pd, ovvero «boldrinata». Vi si legge testualmente: «boldrinata - s. f. (iron.) - Trovata tipica di Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati dal 2013».

Quella di ieri è stata dunque una «boldrinata»? Non sta certo a noi emettere un verdetto in merito; tocca però a noi rilevare che se la più consultata enciclopedia italiana ha inserito questo neologismo tra le sue pagine, probabilmente un motivo ci dovrà pur essere.

Forse sarà perché Laura Boldrini non è nuova a polemiche di questo tipo - polemiche che spesso vengono rintuzzate dalla realtà -, come ad esempio quella da lei lanciata qualche giorno fa sempre su Twitter? «Ministero dell'agricoltura e della sovranità alimentare...che vuol dire? - si domandava il 21 ottobre - Metteranno fuori legge l'ananas?».

Ebbene, la stragrande maggioranza dei commenti al tweet sono stati screenshot del sito del ministero dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare francese, fortemente voluto da Macron - una della fonti del diritto per la sinistra nostrana -, non certo da Orban. Fine della polemica.
Oppure quella del 19 ottobre scorso, quando rilanciò sui suoi social un video fake - capita - sul neopresidente della Camera Lorenzo Fontana. Accortasi dell'errore, aveva immediatamente rimosso il video, dispiacendosi «per l'inconveniente» ma ribadendo comunque la propria opinione (pessima, immaginiamo) nei confronti del leghista. E tutto questo in appena una settimana e solo via social. Ce ne sarebbero altre, di proposte "originali", da menzionare qui, prima tra tutte quella di cancellare la scritta « D U X » dall'obelisco del Foro Italico a Roma, avanzata nel 2015: anche in quel caso l'idea durò poco, giusto il tempo che mezzo Pd la definì «poco sensata». La polemica è, insomma, un'arte, e bisogna saperla maneggiare. Altrimenti si trasforma in un boomerang, «boldrinata» o meno che sia.

Dai blog