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Bollette, spuntano 20 miliardi per l'emergenza. Tesoretto dai fondi Ue non spesi

Paolo Zappitelli
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Giorgia Meloni potrebbe trovarsi tra le mani un tesoretto da poter investire per contrastare l'aumento delle bollette energetiche. Una somma che si aggira, da sola, attorno ai 20 miliardi. Si tratta dei fondi strutturali europei degli anni dal 2014 al 2020 che l'Italia - come purtroppo accade da decenni non ha speso e che ora invece potrebbe chiedere di poter utilizzare proprio per questa situazione di emergenza. Il «patrimonio» consiste nei 14 miliardi di risorse che riguardano le Regioni e altri 6 che invece sono nella disponibilità dei vari ministeri. Soldi che l'Europa ha stanziato per l'Italia e che sono destinati soprattutto a progetti per l'ambiente ma che i vari governi non hanno utilizzato e sono stati lasciati nel cassetto. E che ora il nuovo esecutivo di centrodestra che si insedierà nelle prossime settimane potrebbe chiedere di poter spendere per un altro scopo. Del resto un precedente esiste già: per affrontare l'emergenza Covid l'Europa consentì ai vari Stati di usarli per affrontare la crisi pandemica. «È una possibilità di cui ho già parlato durante la campagna elettorale - racconta Andrea Augello, esponente di Fratelli d'Italia appena rieletto senatore dopo lo stop di una legislatura -. Ne avevamo discusso con Giorgia Meloni perché mi aveva chiesto che cosa si poteva fare per intervenire sull'aumento dei costi delle bollette senza ricorrere a uno scostamento di bilancio. Sono andato a guardare i conti della Ragioneria e mi sono accorto che c'erano 20 miliardi di fondi europei non utilizzati».

 

 

Se a quel «gruzzolo» si aggiungono i 14 miliardi in più che arrivano allo Stato per il maggior gettito di Iva causato dall'inflazione e quasi una decina che potrebbero arrivare dalla tassazione degli extraprofitti delle aziende energetiche e da quelli - probabili - delle aziende farmaceutiche per i guadagni ottenuti durante il Covid, si arriva a una cifra complessiva superiore ai 40 miliardi. Che consentirebbe di arrivare a coprire con un decreto Aiuti quater il periodo fino a marzo del 2023. Ma l'iter per sbloccare i fondi strutturali della Ue non è semplice, anche se non impossibile. Per liberarli occorre avere il permesso dell'Europa. Un primo ok l'Ecofin lo ha già dato il 4 ottobre per i 14 miliardi che riguardano le Regioni. «Se il governo uscente avesse chiesto subito l'autorizzazione probabilmente li avremmo già disponibili - spiega ancora Augello - sarebbero già sul piatto. Ora potrebbero essere pronti entro la fine di novembre».

 

 

C'è però un altro ostacolo. L'80 per cento dei 14 miliardi a disposizione delle Regioni è destinato al Sud. Sono insomma soldi vincolati. E come si bilancia con un decreto che invece dovrebbe riguardare tutta l'Italia? «È semplice - commenta Augello - i fondi da spendere esclusivamente per il Meridione sono all'incirca 10 miliardi. Ma lo Stato ne ha altrettanti, utilizzando appunto anche i 6 che arrivano dai ministeri, per poter riequilibrare tutto il sistema».

 

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