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Il Pd invoca lo Spirito Santo e i dem fanno il processo a Enrico Letta. E c'è chi si appella al Vangelo

Claudio Querques
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Che sarebbe stata una via crucis era chiaro sin dall’inizio. Il risultato elettorale parla chiaro. Ma ciò che non era affatto scontato è che per rinascere dalle ceneri ci si sarebbe affidati alle virtù cardinali dello Spirito Santo. Copyright Barbara Pollastrini che a conclusione del suo intervento ha posto sotto la protezione celeste il prossimo congresso costituente del partito democratico. Prima di lei, nella relazione introduttiva alla direzione nazionale il segretario ormai uscente Enrico Letta aveva citato un passo del Vangelo. E il suo vice Peppe Provenzano una lettera di San Paolo ai Corinzi, "siamo tribolati ma non schiacciati». Se tre indizi fanno una prova vuol dire che il Pd è ancora nella sua fase mistica. Sta elaborando il lutto. Lo spiegone del segretario è durato poco più di un’ora, cui sono seguiti 10 secondi scarsi di timidi applausi. Letta ha invitato tutti a usare un "linguaggio di verità, senza nessuna forma di in fingimento". Ha ammesso la sconfitta e si è preso la sua parte di responsabilità. Ha proposto un congresso costituente "ma sull’Italia non sul Pd", da preparare in 4 fasi distinte da tenersi nella prossima primavera per "eleggere una classe dirigente giovane in grado di sfidare una donna giovane". S’è detto convinto che la luna di miele per il nuovo governo non durerà a lungo e a quel punto bisognerà chiedere subito elezioni anticipate e non avventurarsi in governi di salvezza nazionale. E ha confermato che si farà da parte lasciando un vuoto che l’antico gioco delle correnti farà di tutto per occupare militarmente. 
"Gli elettori ci hanno dato un chiaro mandato: essere la seconda forza politica del Paese e stare all’opposizione - ha respinto qualsiasi ipotesi di scioglimento Letta - siamo gli unici ad aver costruito un'alternativa alla destra". Il Pd ha perso, viva il Pd, insomma. Cambierà tutto o forse niente se a prevalere sarà il solito gattopardismo doroteo. Il simbolo, tanto per dire, non cambierà. "Lo amo, resti così com’è, con il tricolore e con il legame forte con l’Ulivo". "La sconfitta? Colpa nostra ma anche di una legge elettorale pessima che abbiamo tentato di cambiare e che tenteremo di cambiare, un flipper che ha dato risultati casuali". Per Letta l’unica forza politica che ha vinto le elezioni è Fdi. Le alleanze mancate? "La larga unità è stata impossibile, abbiamo avuto interlocutori che non volevano stare insieme".

 

 

 

 

 

Rigettate le accuse di governismo (11 anni a Palazzo Chigi negli ultimi 15...) il segretario è convinto che la caduta del governo Draghi è stata "un punto di non ritorno" anche se il risultato in fondo "non è stato catastrofico". Durissime le donne dem ridotte in Parlamento ad un manipolo di sopravvissute. Uno shock considerando che nell’altro schieramento ci sarà la prima donna primo ministro. Monica Cirinnà: "Non abbiamo ascoltato l’ansia di chi non arriva a fine mese". Alessia Morani contro chi vorrebbe dilazionare i tempi, "se si allunga il brodo non troviamo più il Pd". Il rischio di un "X Factor" su Conte o Calenda è forte. Così come "il concorso di bellezza" a titolo di risarcimento scegliendo una segretaria donna. Cesare Damiano recita il de profundis: "L’esperienza del Pd è fallita, abbiamo imbalsamato le culture, vorrei che i dirigenti di questo partito fossero eletti dagli iscritti". E Zanda chiarisce che i capigruppo in Parlamento non li decide il segretario. Ci sarebbe infine Goffredo Bettini, il guru collegato in videoconferenza. Approva l’idea di un congresso rifondativo e si produce in una autocritica che suona come un’accusa. "Il mio errore? Non aver non contrastato a sufficienza la linea di Letta". E allora? Allora "si riparta dal chi siamo? cosa vogliamo? dove andiamo?". Come inizio niente male. Alla fine la relazione Letta, dopo 10 ore di discussione, è approvata con un contrario e due astenuti.

 

 

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