Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Elezioni, superflop Di Maio. Anche Bossi, Cirinnà e Sgarbi sono fuori

Carlantonio Solimene
  • a
  • a
  • a

È lunga, una legislatura, anche quando finisce con qualche mese di anticipo. E così succede che, nel raccontarla, man mano si perda il contatto con la realtà fuori dal Palazzo. Che, puntualmente, torna a manifestarsi in maniera deflagrante al momento del voto. Prendete Luigi Di Maio. Per quasi cinque anni è stato descritto come un «dominus» della politica italiana. Vicepremier, ministro di tutto, capo del partito con più parlamentari. E ancora: abolitore della povertà, fine stratega «unico vero politico» del Movimento 5 Stelle. I video pluricliccati, le interviste sugli scenari globali, le liti con Macron e con Lavrov, le missioni in Africa a cercare gas. Il più fulgido esempio della teoria grillina: uno vale uno. E cioè uno qualsiasi, pescato sugli spalti del San Paolo, può avere in mano il destino del Paese. Poi, però, accade che tocchi confrontarsi col consenso. E che le urne dicano 0,6%. Un granello di polvere capace di inghiottire un'intera classe dirigente che gli italiani avevano imparato a conoscere bene: gli ex ministri Vincenzo Spadafora e Lucia Azzolina, la viceministra Laura Castelli, la «ventriloqua di Grillo» Carla Ruocco. Parafrasando Blade Runner, «tutti questi leader andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di lasciare il Parlamento». Ci perdonino i personaggi citati, ma la lista delle vittime illustri è uno dei piaceri più sadici e irrinunciabili del dopo voto.

 

 

E allora non si può ignorare l'amaro destino di Teresa Bellanova, fermatasi sotto il 5% nel suo collegio in Puglia. Ma sono tutti i «draghiani» a essersi dimostrati assai poco performanti. Mara Carfagna, in corsa per il Terzo Polo nel terribile collegio di Napoli Fuorigrotta (lo stesso di Giggino Di Maio), è finita mestamente ultima. Per lei però scatta il paracadute nel proporzionale pugliese. Spostandosi a sinistra, lo smacco più grande è sicuramente quello di Emma Bonino, sconfitta nella (ex?) roccaforte rossa di Roma centro a causa della concorrenza di Carlo Calenda. Uno che, fino a qualche settimana fa, era un suo alleato. Vatti a fidare degli amici. Bonino, in ogni caso, ha chiesto il riconteggio dei voti: se il 2,95% di Più Europa diventasse 3, può ancora sperare. Lunghissima la lista dei big Pd rimasti fuori: l'ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci, il costituzionalista Stefano Ceccanti, la madrina delle Unioni Civili Monica Cirinnà, il deputato Emanuele Fiano, Bobo Craxi (mentre ce la fa la sorella Stefania, nel centrodestra). Tutti erano chiamati a sfide proibitive negli uninominali e quindi in parte rassegnati prima ancora dello spoglio. Fallisce la prima elezione invece il virologo Pier Luigi Lopalco mentre il sindacalista Aboubakar Soumahoro, sconfitto nell'uninominale, sbarca in Parlamento grazie al «paracadute» nel plurinominale.

 

 

Anche nel centrodestra si contano vittime illustri. Ed è impossibile non partire dal senatur Umberto Bossi. Il fondatore della Lega aveva un posto da capolista a Varese, un'elezione ipoteticamente blindata. Ma il risultato deludente del Carroccio ha sancito a sorpresa la sua esclusione dal Parlamento dopo 35 anni. Una circostanza che potrebbe rendere ancora più difficile la posizione del segretario Matteo Salvini. Esce dal Parlamento - ma di sicuro non dai riflettori - Vittorio Sgarbi, che aveva il compito proibitivo di espugnare il fortino rosso di Bologna presidiato dall'ex dc Casini. E mancano l'elezione pure il fondatore del Family Day Simone Pillon, anche lui azzoppato dal risultato deludente della Lega, e Maria Rosaria Rossi, un tempo fedelissima di Berlusconi, poi passata da una rapida infatuazione per Conte alla candidatura in Noi Moderati, lista finita sotto l'1%. Infine gli «antisistema». Gianluigi Paragone, dopo essere stato quotato dai sondaggi anche sopra il 3%, fallisce il quorum con la sua Italexit e lascia il Parlamento dopo una sola (seppur pirotecnica) legislatura. Non la spuntano neanche i vari De Magistris, Rizzo, Ingroia, Adinolfi e De Stefano. Ma loro hanno già dimostrato di saper farsi sentire anche fuori dalle Camere.

 

Dai blog