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Meloni raffinata, i danni di Letta. Il pubblicitario Paolo Iabichino dà i voti gli slogan elettorali: chi è il peggiore

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Il tweet su pancetta o guanciale di Enrico Letta è un autogol politico o una azzeccata mossa di comunicazione? A rispondere al quesito e a dare i voti alle campagne di comunicazione dei partiti impegnati alle elezioni del 25 settembre è il pubblicitario Paolo Iabichino, veterano della comunicazione commerciale. Il vecchio adagio per cui bene o male l'importante è che se ne parli oggi non vale più, spiega il pubblicitario nella puntata di lunedì 29 agosto di Agorà estate, su Rai3. 

 

"Rilanciare da parte di Letta il meme guanciale o pancetta credo che sia stata una leggerezza - spiega Iabichino - Le contro-narrazioni in rete esistono da quando esiste la rete, la responsabilità di chi fa comunicazione è quella di tenerle sotto il livello di guardia", e in questo caso non è evidentemente riuscito, con le parodie che sono diventate più visibili della campagna in sé. 

 

Il segretario dem  "ha fatto più danni che bene", riassume il pubblicitario che analizza i vari claim, ossia gli slogan, di Fdi (Pronti), Lega (Credo) e Pd (Scegli). Per Iabichino l'operazione di Giorgia Meloni è "molto raffinata, è la risposta all'ultimo discorso di Mario Draghi. È un'operazione di cesello. Matteo Salvini usa la prima persona, ma quelle di Legaa e FdI sono entrambe operazioni autoriferite. Chi guarda all'elettorato è Letta, che dice 'scegli'. Sta giocando una campagna elettorale di contrapposizione, e funziona grazie alla malizia di attribuire la responsabilità del voto agli elettori. Tra queste tre campagne è quella che mi convince di più". Al netto delle "leggerezze" di Letta: "Sono stato deluso da quel tweet" dice Iabichino che spiega come il segretario abbia fatto un danno alla comunicazione efficace del Pd. 

 

"I partiti sono brand, Meloni ha dimostrato una capacità straordinaria nel riposizionare" quello di FdI, spiega il pubblicitario che commenta anche gli altri slogan visti in questi giorni. "Una scelta di campo" di Silvio Berlusconi è un "deja vu", ma è "coerente" con la sua comunicazione. Menzione speciale per "Io sono Emma", di Bonino. Bocciato "L'italia, sul serio" di Carlo Calenda e Matteo Renzi. "È un titolo manicotto, come diciamo in gergo. Se inverti i fattori dice la stessa cosa. Le persone non ci stanno più a queste promesse altisonanti". Stroncata anche la comunicazione di Giuseppe Conte: "Dalla parte giusta". "Se togliamo la sua faccia e mettiamo quella di un altro non cambia nulla. Vuol dire che non può funzionare". Ancora peggio, se possibile, lo slogan di Impegno civico di Luigi Di Maio: "Difendiamo la libertà". "Mi viene da dire una cosa che in tv non si può dire... - conclude Iabichino - Le persone pensano: ci mancherebbe altro. Un'affermazione così ovvia non può diventare posizione politica". 

 

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