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Ballottaggi in Toscana, rischia di cadere il fortino nazionale della sinistra. Per Lucca e Carrara previsioni nere

Christian Campigli
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C'era una volta la Toscana rossa. Fortino nazionale della sinistra. Un territorio nel quale, se i progressisti candidavano un cavallo in contrapposizione ad un premio Nobel, a trionfare era il quadrupede. Sempre. Da almeno cinque anni qualcosa è cambiato e domenica, ai ballottaggi, c'è il rischio concreto che Lucca e Carrara vengano conquistate dai conservatori.

Nella città di Giacomo Puccini, il candidato di centrodestra Mario Pardini (34,3% al primo turno) e quello della destra lucchese Fabio Barsanti (9,5%), già eletto consigliere comunale nel 2017 con CasaPound, hanno stretto un accordo. Per battere Francesco Raspini, candidato del centrosinistra, che domenica 12 giugno ha raccolto un ampio 42,6%. Una scelta che ha fatto rumore, anche a Roma e ha portato alle dimissioni da Forza Italia dell'ex ministro Elio Vito. I dem accusano il centro destra “di aver raschiato il barile, pur di vincere, alleandosi con i fascisti”.

Parole che evidenziano la concreta paura di non farcela. Venerdì Enrico Letta e Carlo Calenda chiuderanno la campagna elettorale a Lucca. Una scelta che sottintende l'importanza di questo voto. Anche a livello nazionale. A Carrara il candidato della Lega, Simone Caffaz (18,93% al primo turno) sarà appoggiato Andrea Vannucci (per lui, sostenuto da Forza Italia e Fratelli d'Italia, 17,11% al primo turno,) e da Cosimo Maria Ferri, di Italia Viva, che domenica 12 giugno ha ottenuto il 15,10%. Tutti uniti con l'obiettivo di ottenere un voto in più di Serena Arrighi, appoggiata dal centro sinistra, 29,92% di preferenze al primo turno. Una decisione che ha portato con sé un vespaio di polemiche. E che rischia di mettere in discussione persino la maggioranza (Pd e Iv) che appoggia Eugenio Giani in Regione.

Se i due capoluoghi di provincia, fino ad oggi amministrati da Partito Democratico (Lucca) e Cinque Stelle (Carrara) dovessero finire in mano al centrodestra, sarebbero otto le città governate dai conservatori nella terra che fu di Dante e Brunelleschi, di Machiavelli e di Giotto. Otto a tre. Ai progressisti resterebbe solo Livorno, Prato e Firenze. Uno scenario drammatico per il Pd toscano, che porterebbe inevitabilmente a decisioni drastiche e a cambi al vertice. Ma soprattutto aprirebbe una riflessione in vista di marzo 2023. Quando vi saranno le elezioni politiche più incerte della storia repubblicana. Una tornata che avrà un'unica, grande certezza: la Toscana non è più il fortino inespugnabile dei progressisti.

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