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Giuseppe Conte fa le prove generali per la crisi di governo. Furia di Luigi Di Maio sulle armi

Tommaso Carta
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La resa dei conti tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si trasferisce dal M5s al governo. A pochi giorni dalle comunicazioni del premier Mario Draghi in Senato- in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno - e in piena mediazione nella maggioranza per una risoluzione condivisa, spunta un documento a firma di alcuni senatori pentastellati dove nero su bianco si intende impegnare il governo «a non procedere, stante l'attuale quadro bellico in atto, ad ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica». Il testo diventa un vero e proprio giallo, di cui nessuno sembra sapere nulla ma che, confessano a taccuino chiuso diversi senatori 5 Stelle, circolava nelle chat interne già da qualche giorno. «La nostra linea è chiara, vogliamo inserire nella risoluzione due concetti per noi basilari: la de-escalation militare e la centralità del Parlamento per ogni scelta sulla guerra in Ucraina», tuonano i componenti grillini delle commissioni Politiche Ue ed Esteri, oltre che i coordinatori dei comitati area Difesa ed Esteri. La nota, tuttavia, non convince neanche nel passaggio dove si conferma con forza «la nostra appartenenza all'Alleanza Atlantica e il nostro massimo sostegno all'Ucraina».

 

 

La domanda che impazza tra i corridoi di palazzo Madama e che diverse fonti M5S condividono con LaPresse è la seguente: «Se il testo è datato di almeno una settimana, perché è stato reso noto solo ora? E chi l'ha redatto?». L'ipotesi che circola insistentemente è quella di una risposta secca, che ha il sapore dell'altolà, dei contiani al ministro degli Esteri Di Maio. La sua contrapposizione alla politica interna del Movimento - il nuovo corso annunciato dal leader e lo stop al terzo mandato benedetto da Beppe Grillo - e soprattutto l'accusa di ambiguità sul sostegno all'Ucraina avrebbe causato la reazione dei fedelissimi di Conte. Il titolare della Farnesina non si fa intimorire e passa al contrattacco: il documento da inserire nella risoluzione «ci disallinea dall'alleanza Nato e dall'Unione europea» mettendo «a repentaglio la sicurezza dell'Italia», scandisce. Conte non interviene, a parlare sono i fedelissimi e a stretto giro di posta arriva, infatti, la replica di Michele Gubitosa, vicepresidente del M5S: «Le parole di Luigi Di Maio sono fango inaccettabile sul Movimento 5 Stelle e la sua comunità, nonché un danno all'Italia tale da rappresentare un punto di non ritorno». E ancora, «è gravissimo che un ministro degli Esteri, in un periodo di guerra delicato come quello che viviamo, alimenti un clima di incertezza e di allarme intorno alla sicurezza del proprio Paese». Fino ad arrivare a una velata richiesta di dimissioni: «Chi rappresenta Luigi Di Maio nel governo?».

 

 

Lo scontro è frontale, il Movimento si spacca sempre più tra dimaiani e contiani. «Auspico che questa bozza non venga presentata e utilizzata, per poter continuare a lavorare a una risoluzione di maggioranza. Qualora così non fosse si andrà alla conta» in aula, sentenzia Simona Nocerino interpellata da LaPresse. Chi invece esulta è l'ambasciatore russo, Sergej Razov, che quasi con giubilo mette in evidenza la spaccatura sulla guerra in Ucraina del fronte italiano: «La logica secondo cui la massiccia fornitura di armi all'Ucraina sarebbe un mezzo per arrivare alla pace mi sembra quantomeno bizzarra» e «questa logica, a quanto mi risulta, è lungi dall'essere condivisa da tutti, anche in Italia». Parole che fanno saltare sulla sedia Primo Di Nicola, senatore pentastellato in linea con Di Maio: «Le parole di Razov sull'invio delle armi, sembrano purtroppo un plauso alle intenzioni espresse dalla risoluzione M5S che sta girando in queste ore» e «ci riempie di imbarazzo e vergogna. Rischiamo di portare il M5S e l'Italia dalla parte sbagliata della storia», la sottolineatura. La tensione è alle stelle mentre sullo sfondo il sottosegretario Enzo Amendola porta avanti una delicata mediazione tra le diverse anime della maggioranza. Il nodo delle armi sarà affrontato domani, praticamente a ridosso della presentazione della risoluzione in aula al Senato. Il timore è quello che oltre alla conta interna al Movimento si consumi anche quella dentro l'esecutivo, con la Lega pronta a rispondere alle sirene dei 5 Stelle.

 

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