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Olimpiadi occasione persa per Roma, la Capitale si mangia le mani

Bruno Villois
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In tempi di ottimismo e crescita bisognerebbe sempre prendere al volo le occasioni che offrono opportunità, soprattutto se queste riguardano una collettività. Mi riferisco alla città di Roma che ha rifiutato la candidatura alle olimpiadi estive del 2024, per una balzana causa, esposta dall’allora giunta pentastellata, quella di rischiare che si intrufolasse il malaffare, come a dire che siamo un paese di delinquenti. A distanza di 6 anni si capisce che fu un errore madornale, visto gli effetti socio e economici che avrebbe portato non solo a Roma all’intera Italia. A far comprendere gli effetti che si sarebbero potuti ottenere sono i dati previsionali che riguardano le olimpiadi invernali in corso di preparazione dal tandem Milano - Cortina. A fronte di un investimento di un miliardo di euro si avrà un ritorno superiore ai 3 miliardi, con una ricaduta diretta sull’occupazione di oltre 3 mila addetti e indiretta superiore ai 15 mila.

A questi numeri si dovranno aggiungere quelli dell’effetto attrattivo indotto, che si trascinerà per almeno per i successivi 3-4 anni e di quelli precedenti, che godranno di presenze e lavoro su entrambi i territori. Confrontando le olimpiadi estive con le invernali delle passate edizioni, si capisce che l’effetto moltiplicativo delle prime sulle seconde è di un minimo di 3 volte e un massimo di quattro, ovvero investimento 3-4 miliardi, ritorno 9-12 miliardi, oltre al richiamo e all’utilizzo delle opere realizzate, non solo per ospitare ma anche per garantire viabilità, trasporti, logistica, ricettività e chiaramente numero di occupati diretti e indotti.

Adesso in questo periodo di grandi incertezze, che può trascinarsi per un lungo periodo,lo sport e in particolare le Olimpiadi, oltre a fungere a livello socio-economico costituiscono l’ideale incontro per ridurre contrapposizioni, oggi in corso, tra occidente e Russia e Oriente. Non a caso Milano e Cortina sono particolarmente felici di averne assunto l’impegno che avrebbe potuto essere allargato a Torino ma, che anche questa volta ha avuto il diniego da parte di una giunta pentastellata. Milano e Cortina non avevano di certo la necessità di accrescere la loro capacità attrattiva, ma averne di ulteriore fa bene per gli investimenti extra olimpiadi e i valori immobiliari, oltre a stimolare l’esigenza indifferibile di proseguire nell’opera di modernizzazione che le capitali mondiali, Milano lo è per fashion, design e cultura e Cortina per turismo della montagna, impongono. A cominciare dai tre aeroporti più coinvolti, i due scali milanesi e quello di Venezia, per i quali deve proseguire a tamburo battente l’opera di digitalizzazione delle operazioni e dei servizi. A seguire alla mobilità su gomma e su ferro, per Milano già ad ottimi livelli, grazie all’alta velocità su-est-ovest, e alla rete autostradale iper collegata, ma ancora in ritardo per i servizi di comunicazione digitale e i tappi delle tangenziali proprio verso il Veneto, ma anche verso il Piemonte. Importante che le regioni confinanti, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli e Trentino si attrezzino per presentare al turismo olimpico proprie offerte per permanenze nelle loro regioni, in modo da ottenerne anch’esse un ritorno seppur minore. Evviva per le Olimpiadi di Milano e Cortina e amarezza per non aver voluto quelle di Roma.
 

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