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Ddl Concorrenza, ore decisive. In Senato si riapre la partita: Pd in pressing sul centrodestra

Tommaso Carta
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Il Partito democratico, complice il richiamo dell'Europa all'attuazione del Pnrr, torna alla carica nei confronti del centrodestra per l'approvazione del Ddl Concorrenza, all'indomani dell'aut aut del premier Mario Draghi che ha minacciato il ricorso alla fiducia se il provvedimento non otterrà il via libera del Senato entro la fine di maggio.

«Con l'Europa abbiamo sottoscritto un patto preciso - argomenta il responsabile economico dei Dem, Antonio Misiani - La UE ci ha messo a disposizione una montagna di soldi, oltre 200 miliardi di euro. Noi dal canto nostro con il PNRR siamo impegnati a realizzare una serie di investimenti strategici finanziati con quelle risorse e ad approvare un elenco di riforme, tra cui la legge sulla concorrenza. Per l'Italia la priorità assoluta è che questo patto venga rispettato. Da entrambi i contraenti».

Anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando mette il centrodestra alle strette. «Certo che voteremmo la fiducia. In una situazione in cui c'è un rischio recessione perdere più di 200 miliardi e 100 miliardi di fondo complementare è un suicidio per il paese. Ognuno dovrà rinunciare a qualche pezzetto del proprio punto di vista, perché l'obiettivo più importante è usare queste risorse e farlo nei tempi stabili».

Domani il Ddl tornerà in commissione Industria al Senato e sul tavolo dei commissari ci sarà la lettera che Draghi ha inviato alla presidente Casellati invocando uno sprint dell'iter. Da questo punto di vista, però Lega e Forza Italia provano a gettare acqua sul fuoco. «Come abbiamo trovato un accordo evitando la tassa sulla casa nella riforma del catasto, anche sulla tutela dei lavoratori balneari troveremo l'accordo» spiega Matteo Salvini. È per una soluzione anche il governatore ligure Giovanni Toti, «troviamola - esorta - perché nessuno oggi si può permettere una crisi di governo né di trascinare all'infinito l'incertezza».

Dentro Forza Italia permangono ancora alcune fibrillazioni, con l'ala governista che però spinge per un'intesa («guai a bloccare le riforme» è stato il monito lanciato venerdì dalla ministra Gelmini).

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