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Giuseppe Conte riesce a essere tutto e il contrario di tutto. Gianluigi Paragone: un leader nel caos

Gianluigi Paragone
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Quando negai la fiducia al suo secondo governo, dissi a Conte che mi pareva un personaggio degno del teatro dell'assurdo di Ionesco, di una piece in particolare: il Rinoceronte. Si tratta di una commedia dove uno dei protagonisti cambiava completamente la propria identità: contro i rinoceronti che invadono il paesino nel primo atto; egli stesso rinoceronte nel secondo quando poi dà la caccia a chi non si converte alla rinocerontite, allegoria del voltagabbanismo.

 

Ecco, Giuseppe Conte è così: un po' Rinoceronte di Ionesco, un po' Zelig di Woody Allen, un po' macchietta provinciale che vuole recitare tutte le parti in commedia. Manca un annetto circa alla scadenza naturale della legislatura eppure Conte ha già diverse nomination: populista sovranista nel governo gialloverde; europeista in salsa maggioranza Ursula (con Forza Italia e piddini); lingua in bocca alla romana con Letta, Renzi e Speranza; poi campolarghista nella stramba alleanza che regge Draghi e compagnia. E ora... protagonista del grande Boh.

 

Nel mischione che va da Salvini a Letta, da Speranza a Berlusconi, il povero Conte infatti si ritrova a rimorchio di un Cinquestelle in brandelli, di un Alessandro Di Battista nei panni del suggeritore e di un Marco Travaglio sceneggiatore dell'ennesima vita contiana (consegniamo alla cronaca lo squallido tentativo del Conte ter con i Los Responsabilitos, senatori raccattati dalle retrovie: uno dei punti più bassi dello sbracamento pentastellato). Ma che soggetto è scritto per il nuovo Peppinello Show? La trama è già vista, onestamente: la replica del vecchio gioco di Salvini (di lotta e di governo) con spruzzate di veltroniano «ma anche». Qualche esempio. Il «suo» movimento (il «suo» è appeso all'ennesimo ricorso di quel Lorenzo Borrè, avvocato che per dirla con Totti lo purga che è una bellezza) vota l'acquisto delle armi da mandare in Ucraina; poi gli dicono che gli italiani sono contrarie allora comincia a fare il «pacifista surfista».

Gli dicono che deve scalciare contro la Nato e Biden (lui che negli anni di governo non sapeva più a chi dare retta tra americani, cinesi, tedeschi e francesi), allora che fa Conte? Simpatizza con il prof Orsini, fresco di nomina nella scuderia «Fatto Quotidiano», salvo poi espellere Petrocelli cui va riconosciutala coerenza delle idee. Quindi, Orsini va bene, Petrocelli no; Orsini va (giustamente) difeso perché lo espellono un po' ovunque, mentre Petrocelli va cacciato non solo dal partito (perché nel frattempo il Movimento è diventato partito con tanto di due per mille) ma pure dalla presidenza della Commissione Esteri, dove potrebbero sostituirlo con il grillino Ferrara (nei cui libretti ha espresso tesi non dissimili da Petrocelli) o col jolly Casini, che alla Commissione d'inchiesta sulle banche i Grillini tanto apprezzarono.

 

Conte è attualmente in scena con il Movimentismo Tour: l'uomo del popolo contro i poteri forti. Lui che doveva revocare le concessioni autostradali ai Benetton «senza se e senza ma», ma anche «salvo intese»; lui che ha rinnovato nel ruolo di presidente di Leonardo un condannato in primo grado per aver falsificato i bilanci di Mps (Alessandro Profumo); lui che deve spiegarci l'insistenza con cui ha difeso la delega ai Servizi segreti. Alla faccia del caciocavallo, avrebbe detto il maestro Totò. E per chiudere Conte che tenta di difendere il lavoro e di riscrivere la storia dell'emergenza Covid: lui, l'uomo che coi dpcm, ha scassato il diritto; lui che ha costretto i lavoratori a pagarsi i tamponi per andare a lavorare; lui, che ha obbligato gli italiani a restare a casa con la promessa di risarcire le attività economiche chiuse; lui che ha scatenato la Lamorgese (perché era ministro già con Peppino; come Speranza altro fenomeno del governo Ciuffolo) contro gli italiani resistenti alle palesi ingiustizie; lui che ha inventato Arcuri supereroe dell'emergenza, lui che ha inventato cts e comitati vari. Per fortuna il Conte Show sta finendo e sarà proprio quel che resta dell'Italia che lavora a dargli il ben servito. Alui e ai commedianti a Cinque Stelle.

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