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Fabrizio Cicchitto bacchetta Giuliano Amato: l'errore della Corte Costituzionale sulla responsabilità civile

Fabrizio Cicchitto
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Caro direttore, tranne che su un punto, a nostro avviso la Consulta ha fatto una pronuncia equilibrata sia sui referendum ammessi che su quelli non ammessi. Le questioni riguardanti sia la sostanza che la forma con cui erano stati redatti i referendum sul fine vita e sulla cannabis (o su tutte le droghe come ha affermato il presidente Amato) sono così delicate che è giusto vengano affrontate e sciolte dal parlamento. Francamente non condividiamo i toni polemici usati da Cappato (che abbiamo apprezzato in altre occasioni) nei confronti di Giuliano Amato. Lo ha attaccato addirittura per aver parlato in modo anticipato rispetto alle motivazioni scritte. Al contrario a nostro avviso è stata una prova di «laicità» e di disponibilità al dibattito. Così la Corte perde una parte della sua «sacralità» irraggiungibile e il suo presidente scende fra i comuni mortali esprimendo subito le sue ragioni, a cui evidentemente è lecito contrapporre altre ragioni. Anche noi in ben altre materie e in ben altre occasioni (su tutta la vicenda politica degli anni '92-'94 e sul suo atteggiamento «finale» - 1993 - nei confronti di Bettino Craxi) abbiamo affermato che in Giuliano Amato c'è uno squilibrio fra la sua straordinaria cultura, la sua straordinaria intelligenza e il suo coraggio (per dirla scherzosamente si sono incontrati quando il nostro aveva tre anni, presi e schiaffi, e mai più visti).

 

 

Invece dove contestiamo il deliberato della Corte non per una questione di coraggio, ma per una ragione più profonda, è sul rifiuto di ammissione per il referendum sulla responsabilità civile dei giudici. La Corte non lo ammette per una ragione «sistemica» già spiegata nel libro di Palamara e Sallusti. Da sempre la Corte Costituzionale si sente parte di un sistema in qualche modo collegato alla Cassazione e al quadro di potere della magistratura. In nome di questo sistema poi la Corte Costituzionale nella sua storia ha agito in modo più rigido e fazioso oppure in modo più flessibile ed aperto. In questo caso a nostro avviso si è mossa con maglie più larghe, visto che poi ha dato via libera a tutti gli altri referendum riguardanti la giustizia. Di conseguenza l'apertura va riconosciuta alla Corte e il merito è dei radicali e di Matteo Salvini (al quale riconosciamo di essersi esposto in una materia decisiva, anche se manteniamo il nostro dissenso su tutte le sue posizioni riguardanti il Covid). Una riserva abbiamo anche sugli eccessivi limiti dati non dalla Corte Costituzionale, ma dagli estensori dei testi dei referendum per ciò che riguarda l'intervento sulla legge Severino. Su di essa abbiamo un parere opposto a quello del potentissimo procuratore Cantone: a nostro avviso è una legge iniqua in tutta la sua impostazione perché fa venir meno i tre gradi di giudizio. Poi nell'impostazione referendaria si esclude l'automatismo derivante dalla prima sentenza, ma si consegna tutto il potere di decisione ai giudici: dalla padella alla brace.

 

 

Comunque sono rimasti in piedi gli altri referendum e a nostro avviso è decisivo quello sulla divisione delle carriere. Per noi sdoppiamento delle carriere deve avere come conseguenza anche lo sdoppiamento dei Csm. Larga parte del nodo giustizia deriva dal connubio di magistratura giudicante e magistratura inquirente. Per assicurare l'effettiva terzietà del magistrato giudicante occorre sdoppiare le carriere. Per quanto è possibile l'accusa e la difesa devono essere messi sullo stesso piano. Questa parificazione non avverrà mai in modo completo perché i pm sono «dominus» del processo nella decisiva fase delle indagini preliminare e, avendo una connessione strettissima con almeno un paio di cronisti giudiziari e qualche talk show, gestiscono anche tutte le violazioni del segreto istruttorio che oramai sono parte organica di tutti i processi significativi. Inoltre se c'è lo sdoppiamento delle carriere e dei Csm viene meno uno snodo decisivo del potere interno alla magistratura. Attualmente il Csm è fatto dalle correnti e a loro volta le correnti sono dominate dai magistrati inquirenti, che quindi sono i padroni del Csm. Ma il Csm in quanto tale è la struttura decisiva per le carriere di tutti i magistrati, quindi in ultima analisi i pm, che dominano il Csm, sono determinanti per la carriera dei magistrati giudicanti. È inutile spendere altre materie sull'argomento.

Adesso la partita si sposta anche sul terreno del quorum. È sacrosanta la proposta di un election day per amministrative e referendum. Infine mentre è evidente che il centrodestra sui referendum per la giustizia si divide (da un lato Lega e Forza Italia, dall'altro la Meloni), sarà interessante vedere quale sarà la linea del Pd. Fino a qualche tempo fa prima il Pds e poi il Pd sono stati il partito della procura di Milano, anche perché essa li aveva salvati e aveva anche realizzato quello che era l'obiettivo di fondo di Berlinguer e dei suoi «ragazzi» (Occhetto, D'Alema, Veltroni): rovesciare per via giudiziaria il verdetto della storia, distruggere il Psi e affermarsi come unico partito della sinistra. Siccome però la ghigliottina giudiziaria non si ferma mai, negli ultimi tempi essa ha investito anche esponenti del Pd. Allo stato Enrico Letta è schiacciato sull'Anm e sul Csm. Il silenzio del Pd sulla pubblicità data dai pm fiorentini alla lettera privata di Tiziano Renzi è insieme assordante e indecente. Comunque sarà interessante vedere se all'interno del Pd sulla vicenda dei referendum emergerà o meno un'area garantista.

 

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