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La donna che vogliono al Colle? Mattarella con la parrucca

Franco Bechis
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Con un colpo di teatro ieri sera si è stati a un passo da una vera e propria rivoluzione per la politica italiana: la possibilità di eleggere tutti d’accordo per la prima volta nella storia della Repubblica una donna al Quirinale. La prescelta era ed è Elisabetta Belloni, la donna che per lustri è stata l'ombra dei ministri degli Esteri italiani (compreso Luigi Di Maio) e che nel suo governo Mario Draghi aveva voluto in uno dei ruoli più delicati e fiduciari: la guida strategica del dipartimento in cima ai servizi segreti.

Un ruolo che è stato ad esempio ricoperto in passato dal capo della polizia, Gianni De Gennaro (poi entrato come sottosegretario nel governo di Mario Monti) e da Giampiero Massolo, altro fine diplomatico di lungo corso. La candidatura della Belloni era stata lanciata fin dai primi giorni dalla leader di Fratelli di Italia, Giorgia Meloni. E ieri è emersa dopo che finalmente Enrico Letta, Matteo Salvini e Giuseppe Conte si sono visti per sbloccare un impasse che rischiava di fare trascorrere altri giorni preziosi nel muro contro muro. Ad annunciare la svolta è stato prima Salvini: «stiamo lavorando alla candidatura prestigiosa di una donna». All’unisono un entusiasta Conte ripeteva la stessa cosa davanti ai giornalisti. E poco prima anche un più compassato Letta l’aveva lasciata intendere come possibilità, pur non escludendo una scelta maschile. Il pissi pissi di palazzo ha poi fatto il resto, facendo emergere il nome della Belloni.

 

 

 

 

 

Come abbiamo visto però non poche volte in questi giorni l’impegno dei leader non assicura il seguito delle truppe. Ieri mattina è stato evidente anche al centrodestra che aveva tentato di forzare la situazione contando i voti su un’altra Elisabetta, la Casellati, il presidente del Senato. Ed è stato un disastro, visto che ne ha raccolti 59 in meno dei grandi elettori di centrodestra che avevano ritirato la scheda elettorale. Franchi tiratori in questo caso marcati: gran parte di Forza Italia, il partito della Casellati, e il resto in Coraggio Italia. Un tonfo che ha reso plasticamente evidente insieme al numero degli astenuti (posizione scelta da Pd, M5s e Leu) che nessuno dei due schieramenti ha nemmeno lontanamente i numeri che servono per eleggere il presidente della Repubblica. Una doccia gelata ma salutare, perché subito dopo si è provato ad uscire dal pantano trovando la clamorosa scelta della Belloni. Allo stesso tempo però nel Vietnam che sono questi gruppi parlamentari si sono alzati in volo i droni per abbattere come riuscivano la candidata. No deciso di Matteo Renzi e del suo gruppo Italia Viva che ritengono improponibile il passaggio di chiunque dai servizi segreti alla guida della Repubblica italiana. Stessa posizione da parte di autorevoli esponenti di Forza Italia, non contenta di avere causato la figuraccia del centrodestra di ieri mattina. E in volo si sono alzati con l’obiettivo di fermare la Belloni anche esponenti meno autorevoli del Pd e del gruppo misto. Truppe che da ieri stavano orientandosi in modo massiccio su un secondo mandato di Sergio Mattarella, fregandosene altamente della sua avversione all’ipotesi manifestata in ogni occasione possibile.

Dopo averla ripetuta mille volte come slogan, dunque l'ipotesi di una donna al Quirinale non sembra avere avuto il largo consenso che ci si sarebbe immaginati. Anzi: i nostalgici di Mattarella lo vorrebbero lì in ogni modo, e se proprio bisogna passare per le quote rosa, gli si metta una parrucca in testa per confondere un po’. Si preannuncia dunque un esercito di franchi tiratori che se riuscissero a impallinare la Belloni ne provocherebbero pure le dimissioni dall’incarico ai servizi segreti, con uno scossone non da poco al governo Draghi. Sulla carta anche dovesse sfilarsi il Pd, che il suo segretario evidentemente non è in grado di controllare in Parlamento, per la Belloni i numeri ci sarebbero anche solo con M5s, Lega e Fratelli di Italia. Ma non ci si potrebbe permettere manco una decina di franchi tiratori, e nessuno oggi è in grado di dare certezze su questo.

È un peccato rinunciare a una candidatura che avrebbe cambiato la storia di Italia, ma lo è pure fare passare forche caudine così strette a una donna di valore, che ha costruito tutta da sola la propria carriera rischiando ora di vedersela rovinata proprio nel momento del suo massimo fulgore.
 

 

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