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Manovra approvata di corsa. Draghi e Franco danno buca alla Camera

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Anche alla Camera la maggioranza conferma la fiducia al governo con 414 voti favorevoli. Ma cresce il malumore per il «metodo», con tempi ristretti per l’esame da parte di uno dei due rami del Parlamento e testi "blindati" senza possibilità di modifiche. «Metodo» reiterato anche in occasione della legge di Bilancio. Il che fa dire alla stessa maggioranza che sostiene l’esecutivo che si è di fronte a un «monocameralismo di fatto». Contro il quale, è opinione comune, bisogna intervenire per stoppare quella che viene definita una «degenerazione» della forma democratica parlamentare.

 

Chiamati a interrompere le vacanze natalizie per votare e approvare la manovra a ridosso della fine dell’anno, con il rischio dell’esercizio provvisorio, i deputati fanno sentire la loro voce: questo «metodo» non va bene, bisogna porvi rimedio. Del resto, sia Camera che Senato sono reduci da una sorta di tour de force pre natalizio con una serie di fiducie poste dal governo sui decreti in scadenza (da quello fiscale a quello sul Pnrr). La conferma della fiducia all’esecutivo non si discute, è il refrain che accomuna gli interventi in dichiarazione di voto in Aula, ma «non si può far finta di nulla».

Al malessere della maggioranza si aggiungono le critiche delle opposizioni, con FdI che parla senza mezzi termini di «Parlamento mortificato» e evidenzia con forte disappunto l’assenza del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro dell’Economia Daniele Franco (dopo averne chiesto la presenza in Aula ieri in capigruppo, la richiesta è stata ribadita oggi, con l’auspicio che si concretizzi almeno domani in occasione del voto definitivo sul provvedimento).

 

Dai gruppi "minori" fino a Pd e Forza Italia e M5s, con un filo conduttore trasversale, la maggioranza bacchetta il governo, ma non solo. «Quanto sta accadendo non può essere definito semplicemente una compressione dei tempi e delle prerogative o un eccesso di forzatura nella dinamica parlamentare tra governo, maggioranza e opposizione. Si tratta, piuttosto, della manifestazione di una vera e propria fase terminale di una crisi politica e costituzionale del nostro sistema», è la critica lanciata dal presidente di +Europa Riccardo Magi, che chiede una «assunzione di responsabilità che porti questo Parlamento a intervenire con urgenza nel tempo residuo di questa legislatura, per porre qualche rimedio a tale crisi di rappresentanza, di credibilità e di funzionamento. Urgono riforme che non possono limitarsi alla legge elettorale».

Anche Roberto Pella di Forza Italia non manca di sottolineare come si sta procedendo a «una lettura che la Camera oggi si limita a ratificare. Si consolida la prassi - una cattiva prassi - che attribuisce solo ad un ramo del Parlamento la possibilità di apportare modifiche».

Non è da meno il Pd: «Non possiamo non esprimere le nostre riserve sul metodo adottato nei passaggi parlamentari per l’approvazione della manovra. Metodo con il quale la centralità del Parlamento è stata, ancora una volta, messa in discussione», scandisce il dem Pietro Navarra in dichiarazione di voto.

Una nota polemica arriva anche da M5s: «Ci troviamo oggi a discutere di un testo che giunge alla Camera in larghissimo ritardo. C’è dispiacere, perché sarebbe stato auspicabile lasciare ad entrambi i rami del Parlamento un più ampio margine di discussione e questo non rappresenta certo un bene per la nostra che è una democrazia parlamentare», spiega in Aula la pentastellata Marialuisa Faro.

Parla di «monocameralismo di fatto» il capogruppo di Leu Federico Fornaro, convinto che «la questione non può essere ridotta ad una prevaricazione del governo nei confronti del Parlamento. La questione è più delicata e impone anche un’autocritica, ossia la questione è legata anche e soprattutto ai Regolamenti parlamentari, al miglioramento della velocità e dell’efficienza dell’attività legislativa».

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