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Silvio Berlusconi non va da Bruno Vespa. "Chiedete ad Arcore", è giallo

Pietro De Leo
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Un romanzone non può esser mica vero, senza una sfumatura di giallo. Eccola servita, allora, sul racconto dell’avvicinamento al Quirinale. Su cui, intanto, è possibile prevedere quando si aprirà il sipario. Ieri, Roberto Fico ha annunciato che il 4 gennaio prossimo spedirà ai grandi elettori la lettera di convocazione del Parlamento in seduta comune. Dunque, è facile da lì prevedere che ci si possa orientare sul 18 per la prima votazione. In mezzo, il 16 gennaio, si terranno le elezioni suppletive per il collegio uninominale di Roma Centro per la Camera.

 

Il giallo, dunque. Che ha come protagonista Silvio Berlusconi, in queste settimane candidato ufficioso, evocato, invocato del centrodestra per il Colle («Non ha ancora sciolto la riserva», ha affermato il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani a Radio Cusano Campus). Ebbene, oggi Berlusconi aveva in agenda due appuntamenti. Il primo, un intervento da remoto, pare con una telefonata o un messaggio, alla presentazione del libro di Gianfranco Rotondi («La variante Dc») a Milano nel primo pomeriggio. Poi, invece, la partecipazione alla presentazione dell’Ultimo Libro di Bruno Vespa («Perché l’Italia amò Mussolini»), a Roma. In presenza. Un evento molto atteso, non solo perché da decenni è un must nell’agenda politica pre-natalizia, ma anche per l’importanza del momento.

 

Solo che, ieri mattina, lo stesso conduttore di «Porta a Porta» ha comunicato l’annullamento del convegno. Arcore fornirà le spiegazioni necessarie, aggiungeva nella la nota. A ieri sera ora di cena, però, queste spiegazioni non sono arrivate.

E la disamina del tutto è demandata ai rumors. Un leggero stato influenzale, è un’ipotesi circolata e accreditata all’inter circle. Ma da alcuni ambienti parlamentari azzurri trapela invece una chiave di lettura più di tattica. Ossia la volontà di non correre il rischio che, nel botta e risposta con i giornalisti presenti (oltre a Vespa anche Marcello Sorgi), il leader di Forza Italia possa farsi sfuggire qualcosa di poco conveniente, in un momento in cui la cautela deve essere massima. D’altronde, in svariati lustri di impegno politico l’aneddotica di Berlusconi è popolata di imprudenze verbali durante le conferenze stampa o gli incontri pubblici.

 

Al di là di questo continua il bailamme delle coalizioni. Nel centrodestra, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni invoca la compattezza dell’area e torna a dire che quella di Berlusconi «è un’ipotesi che prendiamo in seria considerazione». Dalla Lega, continua l’opera di diplomazia telefonica di Matteo Salvini: «Proseguo nel mio lavoro di unione, ascolto e condivisione», spiega, estendendo i suoi contatti anche a Sindaci e presidenti di province e Regioni. Dal centro, il Sindaco di Venezia e Presidente di Coraggio Italia Luigi Brugnaro assicura: «Noi andremmo sicuramente su Silvio Berlusconi. Questo è dovuto a un uomo che ha comunque dato tanto».
Capitolo sinistra. Qui troviamo un ricompattamento dell’asse Pd-5 Stelle. «Non escludo un’iniziativa comune su una figura di alto profilo morale», osserva Giuseppe Conte. A stretto giro Enrico Letta definisce «importanti» le parole del Presidente pentastellato. Aggiungendo poi che sarebbe «una grave ferita istituzionale» eleggere un Capo dello Stato senza accordo ampio. E per l’ennesima volta, in simultanea, i due tronconi del campo largo negano appoggio a Berlusconi. «L’ho già dichiarato pubblicamente e lo confermo: non lo voteremo», dice Conte. «Non lo voteremo. Io non lo voterò ed il Pd non lo voterà», taglia corto il ministro del Lavoro Andrea Orlando.

Ma sarebbe un errore dividere in due il quadro politico solo per il Cavaliere. Stesso schema si va componendo per Draghi, in maniera più soft. C’è chi lo invoca al Colle e chi, con la motivazione della stabilità, preferisce rimanga a Palazzo Chigi. Ancor più dopo di fronte alla circostanza di una nuova proroga dello stato di emergenza. 
 

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