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La Scala chiede il bis al Quirinale a Sergio Mattarella con una standing ovation

Dario Borriello
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Una standing ovation, ma non come le altre. Sei lunghi minuti di applausi riservati dalla platea della Scala di Milano al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che dal palco presidenziale, con gli occhi lucidi e un'emozione visibili anche con la mascherina ben posizionata sul volto, cinge le mani in segno di ringraziamento, mentre ascolta più di un coro che si leva per chiedergli di restare al suo posto. «Bis, bis» grida il cuore produttivo del Paese. Mattarella ascolta, registra, incamera il messaggio. È l'immagine dell'Italia che sta provando a uscire fuori da una pandemia devastante, dal punto di vista sanitario, sociale, umano ed economico. I segnali di una ripresa sono nei dati del Pil, che si avvia a cifre record proprio mentre il nemico invisibile prova a riprendersi la scena con una quarta ondata, che sta sfruttando la variante Omicron per insinuarsi nuovamente nelle nostre vite, e una campagna vaccinale che si avvicina al 90% (con tanto di terze dosi già ben avviate) nonostante la reticenza dei no vax. Quelle stesse persone verso le quali Mattarella ha rivolto in più occasioni riflessioni anche dure, ma nell'interesse della nazione.

 

 

Il presidente della Repubblica, almeno stando alle sue parole, non è della partita che si avvierà a metà del prossimo mese di gennaio, ma un pezzo consistente della comunità italiana spera ancora che cambi idea. Nel frattempo assiste alle manovre delle forze politiche, ancora lontane da una sintesi che possa assegnare al Colle un profilo unitario. O quantomeno largamente condiviso. Qualcuno sogna di vedere Mario Draghi sul Colle più alto di Roma, ma le contingenze e, soprattutto, l'indisponibilità sulla scena attuale di una personalità che come l'ex Bce sappia tenere insieme tante anime, dal M5S a FI, dal Pd alla Lega e Iv. «Vedrei bene senz'altro una donna al Quirinale, ma il nome lo faremo insieme», si espone Giuseppe Conte. Il leader dei Cinque Stelle dice di avere «in testa un profilo, una personalità di cui essere tutti orgogliosi», ma si ferma lì perché «è prematuro fare nomi».

 

 

Nel centrodestra, invece, c'è la variabile Silvio Berlusconi. Il Cav ci crede che questa possa essere la volta buona in cui giocarsi la presidenza della Repubblica, ma deve fare i conti con la tenuta della sua coalizione e i timori della pancia di Forza Italia che un suo passaggio al Quirinale sgretolerebbe il partito. Dunque, tradotto in termini classici della politica, il rischio è quello dei «franchi tiratori». Ad alimentare questi timori ci si mettono anche i complimenti dei big pentastellati: «Berlusconi ha fatto molte cose buone ma, sicuramente, complice un conflitto d'interessi pervasivo, ci sono stati dei passaggi che non sono nel dna del M5S», dice infatti Conte. Il diretto interessato, invece, si tiene ben lontano da ogni possibile dichiarazione pubblica sul Colle. Ad Atreju si «limita» a far sapere all'alleata Giorgia Meloni che «verrò a firmare il referendum di Fratelli d'Italia per l'elezione diretta del presidente della Repubblica». A stretto giro di posta risponde, indirettamente, Matteo Salvini: «Presidenzialismo, federalismo e riforma della giustizia: su queste basi il centrodestra può lavorare unito per modernizzare il Paese».

 

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