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Primarie Pd, consultazioni fasulle che riportano alla "doppiezza" del Partito comunista italiano

Paolo Cirino Pomicino
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Di tutto ciò che il Partito Democratico ha rifiutato delle rispettive radici politiche e culturali (il PCI e la sinistra DC) è rimasta solo la “doppiezza”, caratteristica profonda del comunismo italiano. Non vogliamo offendere nessuno ma cosa altro è se non doppiezza politica queste “primarie farlocche” che incoronano con una liturgia apparentemente popolare i candidati già definiti dal piccolo gruppo di capicorrenti? Roberto Gualtieri e Matteo Lepore non erano forse i candidati già prescelti dai vertici del partito? Certo che lo erano ma fu così sin dall’inizio della introduzione di questo strumento della cultura politica americana utile per scegliere da parte dei due unici partiti il candidato presidenziale. In Europa questo strumento esiste in Francia, unica democrazia presidenziale del continente, perché altrove è il sistema dei partiti che si assume l’onere della scelta dei vari candidati alla guida dei governi nazionali e locali. Nella goliardica euforia del dopo tangentopoli quando tutto doveva essere nuovo gli eredi del PCI furono travolti da un filo americanismo giovanlistico senza pensare che la grande democrazia americana aveva oltre duecento anni di battaglie politiche e civili dietro a tutti gli strumenti democratici adottati. Fu questa la sbornia della novità per la novità a cominciare dal sistema elettorale maggioritario che funzionava negli Stati Uniti e in Inghilterra perché in quei paesi c’erano due soli partiti e le rispettive società nazionali erano bipartitiche.  In Europa c’era l’esatto contrario perché le opzioni politiche erano quasi sempre almeno quattro o cinque. E così il Mattarellum fu l’inizio del disastro e quando fu approvato  una larga parte della DC era immobilizzata da indagini giudiziarie spesso anch’esse farlocche insieme alle altre forze del pentapartito.

 

 

Ma torniamo alla doppiezza delle primarie del PD. Siamo sconcertati dal fatto che donne ed uomini che comunque hanno dietro le spalle decenni vita culturale e politica non si rendano conto che le primarie sono la morte dei partiti perché tolgono agli iscritti tutto il loro potere di indicare propri dirigenti perché scelgano negli organi direttivi linee politiche e candidati alle varie elezioni. Non è un caso che in questi quasi ultimi trent’anni i partiti siano diventati i fantasmi dell’opera del panorama politico e gli iscritti si siano in gran parte liquefatti. A sinistra questo scimmiottamento americano è giunto sino al punto di dare il nome di   Partito Democratico sostituendo le vecchie radici comuniste, socialiste e dossettiane con le figure di Kennedy, Clinton ed Obama. E il contagio sembra allargarsi nel paese se, come abbiamo letto, anche Berlusconi vuole fare il Partito Repubblicano americano.

 

 

Visto il lento scivolamento del paese in un rango di colonia chissà se non fosse più saggio tentare a questo punto di annettere un’altra stella alla bandiera americana, la stella del bel paese come suggerì per qualche tempo Winston Churchill nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale chiedendo di dare il nostro  mezzogiorno agli USA, il Nord Ovest alla Francia, il Nord Est alla Jugoslavia tenendo per se Sicilia e Sardegna con le quali poteva definitivamente controllare il Mediterraneo. Trenta anni di follie hanno portato il paese dunque allo sbando e dobbiamo tutti pregare Mario Draghi di farci uscire dal progressivo decadimento con la dignità e l’autorevolezza del passato. Tornando alla grande finzione delle primarie resta l’amarezza per la presa in giro di tante persone dabbene che in una domenica d’estate hanno pensato che fosse davvero un confronto elettorale con tutte le incertezze, le amarezze e gli entusiasmi che le competizioni elettorali comportano mentre invece non era altro che il trionfo della vecchia doppiezza comunista.

 

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