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La strategia vincente di Salvini per evitare un altro lockdown

Andrea Amata
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Il partito del lockdown, ben rappresentato in metafora dall'espressione mesta ed enigmatica del ministro della Salute Roberto Speranza, è uscito ridimensionato dal calendario sulle riaperture annunciato dal presidente del Consiglio Mario Draghi. L'allentamento delle restrizioni sono l'esito di un braccio di ferro fra la razionalità delle progressive riaperture, fondate sulla tendenza in miglioramento del quadro sanitario, e l'ottusità della declinazione ideologica del rigore che voleva continuare ad imporre il lucchetto ben serrato sul paese. Invece, l'ostacolo all'espressione delle energie economiche, da oltre un anno compresse, è stato rimosso con la programmazione di riaperture graduali ma temporalmente certe.

 

 

La virtuosa combinazione fra la piazza, quella della protesta dignitosa che ha dato voce alla disperazione, le componenti di governo del centrodestra e la pressione dei governatori delle regioni ha spinto il premier Draghi ad adottare un approccio realistico sulla base di «un rischio fondato sui dati che sono in miglioramento». La Lega se fosse rimasta all'opposizione avrebbe potuto lucrare politicamente da una posizione più comoda, non cedendo il monopolio dell'opposizione a Fratelli d'Italia, che sta ricavando significativi dividendi elettorali come ci informano le proiezioni demoscopiche. Tuttavia, non sottrarsi alla responsabilità delle scelte di governo, rinunciando alla «redditività» della contrapposizione, può far maturare in prospettiva quella premialità politica che oggi è consacrata alla contingenza del dissenso. Aver concorso a visibilizzare la discontinuità con il governo giallorosso non ti omologa ai tuoi avversari, semmai ti contraddistingue avvalorando l'impresa difficile di una coabitazione non replicabile in tempi ordinari.

 

 

Ed ecco che la prevalenza dell'istanza aperturista conferma la validità della scelta di Matteo Salvini di non disertare la chiamata a partecipare nel governo di unità nazionale per incidere sull'indirizzo politico ed arginare i fautori del confinamento che già nel precedente esecutivo diedero prova di una gestione apatica e inaffidabile dell'emergenza pandemica. L'ex banchiere centrale ha introdotto una nuova narrazione, liquidatoria dello stile ansiogeno del suo predecessore, che declamava il lessico asfissiante della paura e dell'impotenza con effetti dissolutivi sull'impalcatura economica del Paese che, è bene ricordarlo, per il 90% è costituita dalle piccole e medie imprese. Il dato politico incontrovertibile che emerge dalle novità comunicate da Draghi risiede nell'isolamento degli apologeti della chiusura, che hanno nel ministro Speranza il loro paladino, ma il nuovo assetto politico che si è venuto a creare li costringerà a deporre le armi da pasdaran della serrata. Al Carroccio e in parte a Forza Italia va riconosciuto il merito di aver obbligato il governo alla sterzata aperturista, che restituisce alla forza lavoro non garantita la speranza di potersi rialzare dal tonfo economico senza godere di una rete di protezione.

 

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