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Chiesti altri investimenti, nuova beffa a bar e ristoranti

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Franco Bechis
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Senza ancora avuto un solo euro di risarcimento per le ultime chiusure, da oggi in gran parte di Italia ancora una volta sono costretti a chiudere ristoranti, bar, pub, pizzerie e gran parte degli esercizi commerciali. Una delle filiere più rilevanti del Paese è costretta ancora una volta a tirare la cinghia in attesa di eventuali indennizzi-mancia governativi. Ma la corda è tiratissima: i vecchi ristori – quelli di gennaio e febbraio - ancora non sono arrivati. In compenso è pronta la beffa: secondo quanto risulta a Il Tempo nel Comitato tecnico-scientifico (Cts) si sta elaborando un nuovo protocollo per la eventuale riapertura di bar e ristoranti dopo Pasqua, che obbligherà tutti a fare nuovi investimenti per ristrutturare i locali e a rinunciare a parte degli incassi quando si riaprirà. Una prepotenza. Quegli stessi locali infatti nel maggio 2020 sono stati costretti dallo Stato a investire importanti risorse dopo due mesi di chiusura per riaprire secondo quel che dicevano allora gli scienziati, «in sicurezza». Riduzione di tavoli e coperti, distanziamenti, sanificazione, modifiche agli impianti di areazione, modifiche alle casse e ai sistemi di pagamenti. Investimenti importanti, di decine di migliaia di euro, che i titolari di quegli esercizi hanno compiuto in un solo modo: indebitandosi. Lo hanno fatto senza un euro di rimborso da parte dello Stato che aveva imposto loro quei lavori. Ma in autunno li hanno nuovamente chiusi la sera in tutta Italia, e in alcune Regioni anche a pranzo. Senza un rimborso dallo Stato, che non si è nemmeno scusato per averli fatti indebitare fino al collo per investimenti rivelatisi inutili.

 

 

E ora si ripete lo stesso copione. Nuove regole, investimenti, debiti per lavorare. Fra fine gennaio e febbraio è arrivata al Cts la bozza di un nuovo protocollo per proporre (cito dal resoconto sommario) «l'adozione di alcune misure volte a favorire la ripresa nel settore dei pubblici esercizi (in particolare bar e ristoranti), riconoscendo la necessità di agire sui protocolli sanitari attualmente già adottati, con un ulteriore rafforzamento delle misure restrittive, adeguandole alle caratteristiche strutturali dei locali e alla tipologia del servizio reso». Su quel testo si sono fiondati subito gli «scienziati» del Cts. A leggere i loro verbali torna in mente una vecchia canzone di Edoardo Bennato, «Dotti medici e sapienti». Che premettono di essere costretti a questo passo da una condizione che - bontà loro - dicono «ovvia», ma grave perché impedisce le riaperture di bar e ristoranti: «Il settore della ristorazione presenta alcune criticità connesse al mancato uso delle protezioni delle vie respiratorie durante la consumazione di cibi e bevande in ambiente chiuso anche per periodi di tempo protratti, con potenziale aumento del rischio in presenza di soggetti asintomatici contagiati dal virus Sars-Cov-2». Qui non c'è protocollo che tenga. Bisognerebbe richiamare Domenico Arcuri che si sarebbe potuto inventare le «mascherine a rotelle». Ignoranti come siamo crediamo che per addentare un panino o un'ala di pollo come un trancio di pizza anche in tempi gravi come questi non ci sia altro da fare che togliersi la mascherina, altrimenti te la mangi insieme a quel ben di Dio e ti contagi lo stesso. A meno di inventare mascherine-primula, costruite con ponti e tornanti per arrivare alle nostre fauci aggirando il maledetto Dpi senza sfiorarlo.

 

 

Nell'attesa il Cts si è messo a studiare nuovi protocolli sicurezza per limitare i danni. Non scherzo, ma si sta immaginando un uso della mascherina anche a tavola. Come è difficile da immaginare, ma al momento le soluzioni sono assai ristrette: si mangia un boccone e poi ci si rimette la mascherina, stessa cosa quando la sete ti consuma. Quattro chiacchiere a tavola solo con quella protezione. E poi aumento del distanziamento, con raddoppio delle distanze fin qui imposte fra i tavoli per fare passare in sicurezza camerieri e chef. Spazi larghi per fare sostare a più di un metro di distanza anche i clienti che hanno prenotato tavoli che siano ancora occupati. E in caso gli spazi non consentano di più, ecco il ritorno del celebre plexiglass per isolare tutti. Regole simili anche per i bar, con un divieto definitivo in più: via per sempre «carte da gioco, riviste e giornali, che costituiscono non solo oggetti di uso altamente promiscuo, ma anche superfici di contatto che possono facilmente favorire la trasmissione del virus Sars-Cov-2». Certo, c'è ancora un pizzico di margine per distruggere totalmente il Paese. Ma la strada è questa. E rimettere mano al Cts prima che faccia altri guai è urgente come fare i vaccini.

 

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