Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Giuseppe Conte? Ce lo ritroviamo al governo anche con un altro premier. La bomba di Cirino Pomicino

  • a
  • a
  • a

Il tempo stringe. Il tavolo della maggioranza sul programma di governo si è riaperto stamattina ma la scadenza per trovare la sintesi è fissata per le 13, una finestra strettissima quella davanti all'esploratore Roberto Fico mentre veti e pregiudiziali incrociate allontanano un Conte-ter. Ma per l'avvocato del popolo si aprono altre strade. 

 

Ad avvertire - e consigliare - Giuseppe Conte è un veterano del palazzo. Il premier dimissionario "deve capire che non esiste un premier per tutte le stagioni. Con i governi della Dc i presidenti del Consiglio cambiavano, magari uno da palazzo Chigi si spostava in un ministero di peso e lasciava il posto a un altro. Può essere una soluzione anche ora", dice in un’intervista a La Stampa, Paolo Cirino Pomicino, cinque legislature da deputato alle spalle, due volte ministro, uomo di fiducia di Giulio Andreotti. "Io credo che si possa andare avanti con questa maggioranza, magari con un premier diverso. Il tema vero è che una crisi ha senso solo se poi c’è un segno di discontinuità: o lo fai nella composizione della maggioranza o lo fai con un cambio del premier. Altrimenti è il caso di riaprire i manicomi, abbiamo solo buttato un mese, abbiamo scherzato. E poi i problemi restano, questa crisi non è dovuta ai capricci di Renzi: lui l’ha solo accelerata, ma nessuno è stato capace di frenarla", afferma.

 

Intanto si tratta a oltranza. A sera, quando il tavolo sul programma convocato da Roberto Fico va avanti da quasi dodici ore, Bruno Tabacci è stremato: "Qui ognuno picchia duro sulle proprie bandiere, ma non è così che si ragiona in una coalizione", lamenta. Il leader del Centro democratico, che da settimane è in campo per tessere le fila di un possibile Conte Ter, avverte gli alleati ricordando loro un precedente storico. "Siamo riuniti nella Sala della Lupa di Montecitorio, dove andò in scena l’Aventino. Nella stessa stanza noi adesso rischiamo di far commissariare il Parlamento, perché se non riusciamo noi c’è solo il Governo del presidente".

 

La trattativa sui contenuti procede parallelamente a quella sui nomi, ma i due tavoli - pur intrecciati - marciano separati. Il primo, evidentemente, attende segnali dal secondo. I telefoni sono bollenti ma lo stallo su premiership e squadra non non si sblocca. Anche sul programma, allora, passi avanti non se ne fanno. Il primo nodo del contendere riguarda l’esito finale del confronto. I renziani insistono perché si arrivi ad un "documento scritto" in cui i punti chiave "vengano messi nero su bianco", come chiesto dall’ex premier dopo l’incontro con Fico. Secondo le altre forze, però, la stesura di un programma completo spetta piuttosto al presidente incaricato e, nel caso specifico, a Giuseppe Conte, se alla fine si raggiungesse un accordo intorno al suo nome. In quest’ottica non è un caso, viene sottolineato, che l’esploratore, dopo aver aperto i lavori, non partecipi direttamente al tavolo. "Non è lui l’estensore dell’accordo", è la linea di chi vuole evitare il ’tranello' per il quale, ’blindato' il programma, il nome del premier che lo dovrà realizzare possa non essere quello dell’avvocato pugliese. Il documento scritto "arriverà con il presidente del Consiglio incaricato, prima non ha senso", chiariscono i pentastellati.

 

 

"A Fico spetta capire se ci sono le condizioni programmatiche e numeriche per formare un nuovo Governo, il presidente della Camera non ha richiesto alcun documento scritto e noi ne prendiamo atto", sottolineano da Leu e Centro democratico, mentre i Dem aprono a una "bozza di lavoro" che punti essenzialmente "capire se ci sono nodi insormontabili". Se litigano sulla forma, figuriamoci sulla sostanza. Misure e nomi, il diovario è ancora ampio. 

Dai blog