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Scuole senza sicurezza e il governo se ne frega. Così non riapriranno

Franco Bechis
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Alla fine il buon senso e forse anche il pressing di chi era d’accordo con i nostri appelli sembra avere prevalso, e giustamente le scuole superiori non verranno inutilmente riaperte prima di Natale: il rischio di fare una strage moltiplicando i contagi di genitori e nonni grazie a pranzi e cenoni sarebbe stato altissimo e anche il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina che non vuole ancora arrendersi (farnetica ancora di riaperture il 14 dicembre), sarà costretta a prenderne atto. Pericolo scampato dunque, con la riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado dopo le vacanze natalizie, dal 7 gennaio 2021. La commissione europea nelle sue raccomandazioni ai governi nazionali a dire il vero sconsiglia pure questa data, suggerendo di allungare le vacanze per altre due settimane o in alternativa a proseguire per quei 15 ulteriori giorni con la didattica a distanza. Lo dice nella speranza - che tutti abbiamo - dello spegnimento della seconda ondata del virus e dell'arrivo delle prime dosi di vaccini utili a combatterlo. Ma non è detto che queste condizioni si avverino a gennaio, e allora la domanda resta quella che avevamo evidenziato chiedendo di restare fermi prima del Natale: cosa si sta facendo per potere riaprire la scuola in sicurezza? La risposta è tristemente la stessa che si poteva dare questa estate: nulla. 

 

Devo dedurre quindi che a parte riempirsi la bocca di slogan vuoti, al premier Giuseppe Conte, alla Azzolina, ai suoi colleghi ministri e ai leader della sua maggioranza dei ragazzi a scuola non importi in realtà un fico secco. Altrimenti sarebbero lì a lavorare da mattina a sera per concordare con i lavoratori della scuola un piano di riapertura che scaglioni a orari diversi gli ingressi, utilizzando anche il pomeriggio per fare lezione. E nei vari decreti ristori avrebbero inserito stanziamenti immediati di centinaia di milioni di euro (qualche spicciolo assolutamente insufficiente c'è in legge di bilancio, ma non serve per gennaio) per distribuirli a Regioni ed enti locali in modo da rafforzare anche con l'affitto di mezzi privati la rete dei trasporti scolastici, differenziandola il più possibile da quella a disposizione degli altri cittadini lavoratori. 

È il solo modo per abbassare la percentuale di riempimento dei mezzi pubblici, perché è chiaro che quella del riempimento all'80% della capienza adottata da settembre è stata un moltiplicatore del virus. Chiaro che se non si sta facendo nulla per ridurre il rischio del ritorno in aula, è perché i leader rosso gialli non vogliono affatto riaprire le scuole come dicono: è solo propaganda. Dopo avere negato anche contro ogni logica che quel mix trasporti-scuola fosse stato il motore della seconda ondata del virus, si devono essere arresi ai dati inoppugnabili pubblicati periodicamente dai bollettini di sorveglianza epidemiologica dell'Istituto superiore di Sanità. Come avevamo ben spiegato ai lettori de Il Tempo, i contagi all'interno della popolazione scolastica (0-19 anni di età) erano aumentati del 1.073,10% fra il 25 agosto e il 7 novembre, il doppio, il triplo e addirittura il quintuplo di quanto non si è verificato nelle altre fasce di età della popolazione. Quando il 6 novembre le scuole superiori sono state chiuse e nelle zone rosse la didattica a distanza ha coinvolto pure seconde e terze medie, la crescita dei contagi nella popolazione scolastica è crollata. Fra il 7 e il 18 novembre è scesa dal primo al quinto posto della classifica per fasce di età. Fra il 18 e il 25 novembre è scesa ancora al 7° posto, e solo nella fascia degli ultranovantenni la crescita è stata inferiore. Come aprire la scuola senza alcuna sicurezza a settembre è stata la scelta disgraziata che ha messo in moto la seconda ondata del virus, chiuderla è stata la mossa che ha fatto rallentare e ora perfino regredire la curva dei contagi. Sappiamo solo da ieri sera, grazie alla pubblicazione come sempre tardiva dei verbali del comitato tecnico scientifico, che i professori consulenti avevano ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro con il governo sulla sicurezza che era mancata alla operazione scuola. Tanto da fare verbalizzare il 17 ottobre (quando gli istituti erano ancora aperti) la richiesta di adottare «orari scaglionati per l'ingresso in presenza degli studenti universitari e delle scuole di secondo grado». E non solo quello. Scrive infatti il Cts: «Una importante criticità è rappresentata dal trasporto pubblico locale che non sembra essersi adeguato alle rinnovate esigenze, nonostante il Cts abbia evidenziato fin dallo scorso mese di aprile la necessità di riorganizzazione, incentivando una diversa mobilità con il coinvolgimento attivo delle istituzioni locali e dei mobility manager». 

 

Dunque era da aprile che il Cts chiedeva di rivedere la rete dei trasporti locali prima di riaprire le scuole, ma in quasi sei mesi né la Azzolina né la sua collega Paola De Micheli hanno fatto nulla, dando così fuoco alle polveri della seconda ondata. Come allora anche ora non se ne occupano, nonostante i nuovi appelli. E quindi non cambierà la sostanza nemmeno a gennaio: senza le condizioni di sicurezza necessarie anche allora sarà una follia riportare in classe i ragazzi.
 

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