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"A Natale solo messe online". Così l'Europa vuole umiliare Papa Francesco

Franco Bechis
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Se Francesco Boccia voleva fare nascere Gesù bambino prematuro, vietando la Messa alla mezzanotte del Natale, Ursula von der Leyen vorrebbe non farlo nascere del tutto. Secondo la clamorosa bozza circolata ieri sera del documento «Remain safe strategy», l’Unione europea ha intenzione di chiedere ai governi membri di non fare celebrare in presenza i fedeli alle liturgie delle feste natalizie. L’indicazione rivolta anche al governo italiano è quella di «non permettere la celebrazione delle messe», chiedendo di trasmettere solo on line o in radio e tv ogni liturgia. Un documento che non ha ancora i crismi della ufficialità, ma che punta a sottrarre a Papa Francesco e alle chiese cristiane i fedeli nei giorni del Natale. Non è la sola indicazione contenuta nelle linee guida della commissione guidata dalla von der Leyen a entrare a piedi uniti nell’intimo dei cittadini del vecchio Continente, perché si chiede anche di stabilire regole sulle frequentazioni familiari sia nel giorno di Natale che in quello di Capodanno, stabilendo un numero massimo di commensali presenti a pranzo o cena e arrivando a chiedere perfino che gli invitati a tavola siano gli stessi sia per il cenone natalizio che per festeggiare l’arrivo del nuovo anno. 

 

Questa invasione nella vita della Chiesa, delle famiglie e delle singole persone è ancora più sorprendente se paragonata alla timidezza della commissione europea nel regolare la vita economica degli stessi paesi membri, compito che invece è chiamata legittimamente a fare. Non un rigo ad esempio sulla richiesta arrivata dal governo italiano di uniformare le scelte per le vacanze sulla neve, in modo da non creare una impropria concorrenza fra Paesi durante l’emergenza sanitaria. Lì si aveva paura dell'Austria che di chiudere le sue montagne e le sue piste da sci non aveva alcuna intenzione, a meno di ricevere dalla stessa Unione europea non un ristoro (quella è la mancia ridicola inventata da Giuseppe Conte in Italia), ma un indennizzo al 100% del Pil che verrebbe meno con la chiusura delle feste sulla neve. L’Europa è dunque timida, timidissima, di fronte alle esigenze di portafoglio, ma incurante di quelle dello spirito. È il suo peccato originario, ben narrato dalla ostinazione nel negare le proprie radici quando si discusse di Costituzione europea. Ed ha un po’ l’atteggiamento dei vigliacchi, che fanno la voce grossa con i deboli e si ammutoliscono di fronte ai forti (non una parola, non un’indicazione generica c’è stata in tutti questi mesi ad esempio su altre celebrazioni e adunanze religiose). Credo che in questo caso sbaglino i loro calcoli, perché è impensabile che la voce della Chiesa si ammutolisca di fronte a questa prepotenza, e sono sicuro che quella infelice e grottesca indicazione ai governi sparirà nelle prossime ore dal documento finale e ufficiale. Ma il solo fatto che sia apparsa in una bozza è grave.

 

Sono passi di questo tipo che offrono benzina inutile ai falò dei complottisti, a chi sostiene che questa sostanziale dittatura sanitaria che stiamo vivendo abbia non la ragione, ma il solo pretesto nella diffusione del virus. Non credo che queste proteste siano del tutto infondate: in Italia come in Europa è scarsissima la trasparenza sulle scelte adottate in questi mesi, quasi mai motivate come fossero un ghiribizzo del potere in carica verso cui i cittadini sono sempre più sofferenti.

Lo avevo scritto a proposito della querelle sulla Messa di mezzanotte del Natale: quale è mai il motivo sanitario della sua anticipazione? Si pensa che alle 20 o alle 21 parteciperebbero meno fedeli che ad ora tarda? Su che basi? E che evidenza c’è stata fin qui sui contagi durante le funzioni religiose per dovere stringere la libertà di fede? Dai dati che consulto ogni settimana nessuna, al contrario di quelli sui contagi a scuola che per lungo tempo invece l’esecutivo aveva testardamente negato. 

Quando il governo italiano è in difficoltà a motivare quello che non sembra spiegabile, solitamente scarica la responsabilità sugli «scienziati» che avrebbero suggerito loro quelle regole. Posso dirlo, non avendo mancato la lettura di un solo verbale del comitato tecnico scientifico (Cts) nonostante la grave tardività delle pubblicazioni: è una bugia. Quasi mai il Cts ha proposto le regole dure inserite nei vari dpcm di Conte o nei decreti di Roberto Speranza: sono stati sottoposti loro dei testi su cui spesso la valutazione è stata: «questo forse non sarebbe necessario, ma se voi per prudenza così volete fare, non ci opporremo». Altre volte invece - come è accaduto sulla scuola e sui trasporti - le regole sulle riaperture non erano affatto condivise dagli scienziati, ma il governo ha fatto come voleva. Credo che anche sul Natale stia avvenendo così. Ma i verbali di questi giorni non volendo essere affatto trasparenti li leggeremo se va bene a febbraio, quando parleremo di altro. Un dubbio però mi è venuto scorrendo i testi degli ultimi documenti svelati, quelli compresi fra il 7 e il 14 ottobre scorso. Non si parlava ancora di Natale, ma del nuovo dpcm di chiusura di Conte. Lì si raccomandava di evitare feste e di «ricevere persone non conviventi di numero superiore a 6 nelle abitazioni private». Secondo il governo era una richiesta dei soliti scienziati. Invece questo è il loro verbale: «Il Cts, condividendo il principio ispiratore improntato alla massima precauzione connesso alla limitazione degli assembramenti nei luoghi chiusi, PUR IN ASSOLUTA ASSENZA DI EVIDENZE SCIENTIFICHE, prende atto del numero indicato dallo schema del Dpcm». Stessa identica formula a proposito della scelta del dpcm di limitare a un massimo di 30 persone la partecipazione ai ricevimenti connessi alle cerimonie civili e religiose: nessuna evidenza scientifica in quel numero massimo. Quindi prepotenze. Piccole e grandi, ma di cui si deve chiedere conto.
 

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