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Ok tutti a casa ma il primo ad andarci sia Conte. Ora ci pensi Mattarella

Andrea Amata
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Nella prima ondata pandemica il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha catalizzato l’attenzione della popolazione che, dinanzi a un fenomeno ignoto ma infido, si è affidata alla guida dell’emergenza con la speranza che il virus venisse debellato. La «recidiva» epidemica, invece, sta provocando dissenso verso l’apice politico che coordina l'emergenza, perché si stanno accertando le omissioni organizzative durante la fase tiepida del virus. Per evitare lo stress da saturazione della rete ospedaliera si sarebbe dovuto provvedere a implementare nuovi posti letto di rianimazione e a rafforzare la medicina territoriale, mentre si registrano colpevoli ritardi su entrambi i fronti con il commissario Arcuri che dirotta le responsabilità delle inefficienze sulle Regioni.

Il 31 gennaio scorso è stato decretato lo stato di emergenza, con l’avocazione di poteri speciali, per gestire la crisi sanitaria in deroga alle procedure ordinarie. Tuttavia, sui tamponi, sulle mascherine, sull’organizzazione sanitaria, sulla scuola e sull’assistenza economica si certificano distorsioni imputabili alla governance dell’emergenza, che ha ignorato la necessità di attrezzarsi con tempestività alla prevedibile seconda ondata del Covid. Il fallimento della prevenzione sta causando la riproposizione di misure coercitive penalizzanti per il tessuto socio-economico del Paese che reagisce mobilitando nelle piazze la protesta al governo.

Conte si è incartato e non riesce a gestire neanche le fibrillazioni interne alla sua maggioranza con la voce critica di Italia Viva che contesta le misure restrittive contemplate nell'ultimo Dpcm. L’unico sostegno a Conte lo offre il «Fatto Quotidiano» di Marco Travaglio che ha abbandonato la linea allarmista, intraprendendo una narrazione riduzionista sull’evoluzione epidemica non per fotografarne la realtà ma con l’obiettivo di attenuare le negligenze organizzative della struttura emergenziale. Il commissario straordinario Domenico Arcuri è emanazione del vertice politico del governo in carica, che assume su di sé le responsabilità delle disfunzioni smascherate dal «risveglio» dell’epidemia. Occultare il disservizio emergenziale significa perpetuare una struttura fallimentare, mentre per placare le contestazioni si dovrebbe offrire un segnale di discontinuità che possa coagulare tutte le forze politiche verso un percorso di collaborazione che pacifichi il clima sociale.

La mano tesa da Conte per istituire una cabina di regia è stata, comprensibilmente, respinta dall’opposizione, essendo stata ignorata con pervicace superbia in questi mesi. Il coinvolgimento tardivo del centrodestra genera il sospetto della trappola con cui Conte tenta di distribuire le colpe che oggi sono concentrate sulla sua gestione.

Un governo raccogliticcio ed espressione di un’alchimia di Palazzo non ha l’autorevolezza politica per fronteggiare la peggiore crisi economica dal dopoguerra. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha gli elementi per perorare la formazione di un governo ex novo che ricompatti le energie sane del Paese verso un percorso di rigenerazione socio-economica. Gli italiani sono stanchi della comunicazione ondivaga che evoca il lockdown totale, parziale, generazionale, chirurgico o light, diffondendo incertezza negli operatori economici e smarrimento nelle famiglie. Tutti a casa? Ok, ma inizi Conte ad andarci.
 

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